Chloe Mun, pianoforte. Ascolta il concerto della Rassegna Giovani dell’Associazione Lingotto Musica di Torino

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CHOPIN – NOTE CRITICHE, OVVERO GUIDA ALL’ASCOLTO


Preludi, vette di sublimi precipìzi


di Attilio Piovano


«Ho designato i Preludi come strani. Confesso che li immaginavo ben diversi, e condotti come i suoi Studi, cioè più grandiosamente. E invece il contrario: sono schizzi, principi di studi o, se si vuole, rovine, penne d’aquila, tutto disposto selvaggiamente alla rinfusa». Con tali incisivi epiteti, divenuti celeberrimi ed imbevuti di spiriti tipicamente romantici, Schumann intese delineare quel carattere aforistico che permea di sé buona parte dei Ventiquattro Preludi op. 28 di Chopin: alquanto dissimili, alquanto mutevoli nel profilo e nelle dimensioni, ma unificati bensì da una medesima ambientazione stilistica. Non a caso è ancora Schumann ad affermare: «in ciascuno dei pezzi sta scritto con delicata miniatura perlacea: lo ha composto Chopin; lo si riconosce dalle pause e dal respiro impetuoso. Egli è e rimane il genio poetico più ardito e più fiero del tempo».

Dedicati «a son ami Camille Pleyel», i Preludi fecero la loro comparsa editoriale a Parigi nel giugno del 1839, quindi a Lipsia in settembre (con dedica a J.K. Kessler), benché il lavoro di composizione avesse avuto inizio già fin dal 1836 per protrarsi poi durante il soggiorno a Maiorca in compagnia di George Sand. Essi hanno per lo più origine in appunti ed improvvisazioni estemporanee sicché il termine Preludio appare ormai svincolato dall’arcaico significato di ‘brano introduttivo’ venendo a designare al contrario  forme assai libere. Una continua alternanza di modo maggiore e modo minore, secondo un «rigido ed astratto disegno geometrico» entro il quale – nota Rattalino – le singole pagine vanno consolidandosi in una sorta di vasto ‘polittico’ e al tempo stesso il sagace intarsio di movimenti lenti, di movimenti rapidi e di toni contrastanti, costituiscono l’impalcatura strutturale mediante la quale Chopin allestì la raccolta; informata ad uno «sperimentalismo rivoluzionario» che non trova corrispettivo nell’intera sua produzione pianistica. Se è pur vero che appare arduo individuare immediatamente l’unità formale del ciclo in cui c’è spazio per pagine in stile di Foglio d’album, altre in guisa di Notturno o ancora di Studio, di Fantasia e di Improvviso, tuttavia un accurato esame della silloge consente di apprezzare pienamente come Chopin sia riuscito nell’impresa di «incernierare ventiquattro pannelli alternando velocità, densità ritmiche e caratteri espressivi» in modo che «ciascun pezzo – osserva ancora Rattalino – abbia il suo complemento nel vicino».

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Foto Pasquale Juzzolino


Registrazione live. Torino, Lingotto. Rassegna giovani dell’Associazione Lingotto Musica, 10 novembre 2015. Formato audio .mp3 Registrazione Alterego recording

chopin prel.

Se il Preludio n° 1, brillante ed animato, presenta aspetti tipici della pagina in stile improvvisatorio, nelle poche misure in cui si esaurisce l’angoscioso Secondo Preludio coi suoi funerei rintocchi di campana evocatrice di desolate lande, occorre riconoscere uno dei momenti di massima tensione armonica della raccolta tant’è che a lungo la pagina destò sconcerto e incomprensione. Il raffinato decorativismo del Terzo contrasta invece con la languida malinconia del successivo; non meno attraente si presenta il Quinto, la cui bellezza è appena offuscata dall’artificiosità di sofisticate soluzioni armoniche, laddove la struggente cantabilità del Sesto, assai noto, si espande liberamente esplorando a fondo le vaste potenzialità liriche del registro medio. A questa sublime pagina succede la delicata preziosità del Settimo, amabile Mazurka del tutto convincente pur nell’esiguità delle dimensioni, mentre nell’Ottavo s’ammira una vasta architettura dall’andamento appassionato. La ieratica solennità del Nono in ritmo di marcia si contrappone alle fantasiose figurazioni del Decimo improntato ad una vivida iridescenza.

La grandiosità dell’Undicesimo, poi, s’impone fin dall’attacco mentre le incalzanti figurazioni del Dodicesimo, estroverso ed ottimista, conducono in breve all’affettuosa soavità del seguente (n° 13) immerso in un clima di eterea purezza; una lugubre atmosfera domina invece il Quattordicesimo  percorso da oscuri presagi. Il Preludio in re bemolle (n° 15), dall’evidente impianto tripartito, assurto ben presto a vasta notorietà, è tra i più amati dal pubblico per la sua forte pregnanza certo e la sua capacità evocativa; non meno ricco di poderose immagini, il Sedicesimo, capriccioso e tempestoso, rivela, forse più di ogni altro, un elevatissimo vigore di ispirazione. Se una intensa dolcezza caratterizza il n° 17, una mirifica Romanza dalla squisita fattura vagamente mendelssohniana, nel successivo prevale un carattere spiccatamente virtuosistico, mentre il pianismo adamantino del Diciannovesimo ed i collegamenti accordali del Ventesimo, virile e tragico, s’impongono nella memoria in maniera davvero indelebile. Il Ventunesimo emerge per il delizioso lirismo, laddove la vibrante fierezza che aleggia nel Ventiduesimo Preludio riecheggia lo spirito eroico di certi tratti della Ballata in sol minore. L’ultimo Preludio, infine, preceduto dagli arabeschi filigranati del Ventitreesimo, conclude mirabilmente il ciclo imprimendogli il sigillo di una maestosa imponenza.

Il Corriere Musicale desidera ringraziare l’Associazione Lingotto Musica e l’interprete per la gentile concessione dell’ascolto

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