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Concerti • A Palermo, l’Orchestra Sinfonica Siciliana ha proposto in prima assoluta un nuovo brano di Matteo Musumeci, in un programma che comprendeva anche pagine di Gian Francesco Malipiero e di Nino Rota
di Monika Prusak
U n brano in prima assoluta di Matteo Musumeci è stato eseguito il 18 gennaio scorso dall’Orchestra Sinfonica Siciliana diretta da Francesco Di Mauro. Il compositore catanese, cresciuto in teatro grazie al padre, l’attore Tuccio Musumeci, ha presentato la sua Prima sinfonia in la minore “Stormy Time – Sinfonia senza tempo” in tre movimenti, incentrata sul significato del tempo nel pensiero e nella vita umana. La scrittura di Musumeci svela una grande capacità di evocare immagini, come una colonna sonora cinematografica, riveste di una sottile ironia i momenti di riflessione e utilizza contrasti dinamici e timbrici inaspettati, riuscendo così a tenere costantemente alta l’attenzione dell’ascoltatore. Nella sua musica vi è un profondo senso di appartenenza alla terra natia, che si materializza nei ritmi dal gusto popolaresco e nell’approccio a tratti disinvolto dell’articolazione. Quello che colpisce sin dall’inizio sono le scelte di strumentazione, che mettono in risalto una scrittura intelligente e fresca, che, nonostante l’uso delle tonalità tradizionali, non sfocia mai nella banalità e nell’ovvietà. I due primi movimenti, Time one e Time two, usano lo stesso materiale melodico che viene elaborato in modi totalmente differenti, conferendo il carico maggiore ai gruppi di ottoni e di percussioni nel primo, ed esaltando i singoli strumenti nel secondo, ottenendo un carattere più nostalgico e riflessivo. Il terzo movimento, Time three, ritorna su ritmi più agitati e su scelte armoniche più estrose, proponendo un festoso valzer ricco di cambiamenti e contrasti che ne accentuano il lato ironico. Di Mauro dirige la composizione con successo, benché il suo gesto sembri fin troppo controllato e asciutto per il respiro offerto dalla musica stessa.
La seconda composizione in programma, il Concerto n. 2 per violino e orchestra di Gian Francesco Malipiero, ha spezzato totalmente la serena immagine iniziale, portando gli spettatori in un Novecento sofferto e complicato. La composizione eseguita dal giovane violinista Francesco Parrino – musicista impegnato a livello internazionale come strumentista, docente e ricercatore – è carica di ruvide dissonanze, ma nasconde anche momenti profondamente lirici e riflessivi. Parrino ha mostrato particolare abilità tecnica e notevoli espressività e musicalità. Il suono puro del violino ha affrontato con sicurezza una scrittura che non privilegia lo strumento solista, bensì lo confonde con il resto dell’orchestra, mostrando una resa piuttosto originale del classico approccio antidivistico alla composizione del Novecento. Dopo il primo movimento, Allegro, il brano attraversa un Lento ma non troppo dall’atmosfera inquietante e dolorosa. Parrino mette in luce il lavoro di Malipiero sui timbri, mentre svolge una sorta di dialogo con gli strumenti dell’orchestra. Il solista adopera un suono delicato ma persuadente, prestando attenzione a ogni singola nota della partitura. Il terzo movimento, Allegro, riporta nel carattere agitato, lasciando al violinista una cadenza precipitosa, affrontata con massima sicurezza. Malipiero conclude i tre movimenti del Concerto senza alcun preavviso, lasciando la musica sospesa, come un pensiero interrotto che non ha nessuna possibilità di essere ripreso.
Al secondo Novecento appartiene anche la Sinfonia sopra una canzone d’amore di Nino Rota, con la quale l’OSS ha concluso la serata del 18 gennaio. I quattro movimenti della Sinfonia contengono diversi riferimenti alle partiture cinematografiche di Rota, da cui emerge la sua instancabile vena melodica romanticizzante. La direzione sostenuta di Di Mauro permette che la composizione si ravvivi solo nel secondo movimento, Scherzo. Allegro vivace, che conduce al terzo Andante sostenuto, nel quale si concentra tutto il senso nostalgico e sentimentale della Sinfonia. La composizione culmina nel Finale. Allegro impetuoso oscillante tra momenti irrequieti rafforzati da frequenti contrasti dinamici e cambiamenti di tempo, che l’OSS interpreta con riservatezza, mancando della libera e passionale disinvoltura caratteristica di Rota.
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