Sono passati quattro anni dal sisma che ha colpito il capoluogo abruzzese: un concerto con la nota pagina verdiana ha commemorato la tragedia
di Vittorio De Iuliis
Per il quarto anniversario dal terremoto del 6 aprile 2009 il pubblico musicale aquilano ha ricevuto la consolazione del Requiem di Verdi. Inizialmente previsto nella martoriata Basilica di Collemaggio, con inizio fissato al commemorativo orario delle 3:32, il concerto è stato più razionalmente spostato all’Auditorium della Guardia di Finanza di Coppito, capace di ospitare l’ingresso libero dei mille spettatori di un più consueto concerto all’imbrunire.
Questa occasione ha provato ancora una volta che se è vero, come purtroppo è vero, che L’Aquila è ben lontana dall’essere materialmente ricostruita, spiritualmente integra e straordinaria è la passione culturale del pubblico aquilano, sempre partecipe, tra le difficoltà del caso, alle manifestazioni lodevolmente volute dalle istituzioni musicali locali. Marcello Bufalini ha condotto con grande maestria e controllo l’ottima Filarmonica dell’Adriatico, frutto dell’unione dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana e dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, lungo una lettura profonda e impetuosa del capolavoro verdiano. Di grande effetto la prova del coro, anch’esso formato dall’unione di più formazioni (Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, Coro del Conservatorio “A. Casella” dell’Aquila, Coro dell’Accademia Reatina Teatro e Musica, sotto la direzione di Pasquale Veleno), capace di commuovere e dominare l’acustica spesso indomabile della grande sala di Coppito. Nella notevole organicità della lettura offerta da Bufalini e dai suoi musicisti, sembra obbligatorio segnalare l’eccezionale perentorietà del notissimo Dies Irae, e la carezzevole, esitante dolcezza del Lacrymosa. Le parti solistiche erano affidate a Cristina Piperno, Valentina Di Cola, Leonardo Gramegna ed Enrico Turco. Tra essi, il tenore Gramegna è parso forse il più a suo agio nella parte; il soprano Piperno, chiamata a sostituire la prevista Masha Carrera, è sembrata a tratti leggera, a tratti eccessiva nel cercare esasperazioni drammatiche che la musica di Verdi contiene già al suo interno senza la necessità di forzarne l’espressione. Buone le prove del mezzosoprano Di Cola e del basso Turco. Come già si accenava all’inizio, è stata grande e calorosa la partecipazione del pubblico aquilano alla laica sacralità di queste pagine verdiane originariamente volute per il ricordo di Alessandro Manzoni e proposte, in questa occasione, per la memoria della tragedia di una città intera. Sincero e commosso è stato l’applauso agli esecutori dopo un’ora e venti minuti di silenzio pressoché assoluto rotto, purtroppo, solo dall’ingiustificabile e irrispettoso squillo di qualche telefono cellulare, ovviamente arrivato negli attimi più solenni (uno stillicidio soprattutto nei primi, intimissimi momenti del Requiem). Se è vero che un cellulare che suona è insopportabile durante qualsiasi concerto, è ancora più ingiustificabile quando ciò si verifica durante l’esecuzione una pagina di grande raccoglimento come quella verdiana. Il tutto diviene imperdonabile se al valore artistico e spirituale dell’evento si associa la solennità dell’occasione. Non sembra eccessivo sperare che il pubblico possa raggiungere, nel nostro paese, un livello di maturità all’altezza dell’importanza di queste occasioni.
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