
Inaugurata la stagione 2013-14 della Filarmonica della Scala sotto la direzione di uno dei suoi più amati direttori
di Luca Chierici
CON UN PROGRAMMA INTERAMENTE RAVELIANO – poiché i Quadri di una esposizione di Musorgski nella orchestrazione del musicista basco sono a tutti gli effetti un esempio di travisamento del messaggio originale – Myung-Whun Chung è tornato ieri sera alla Scala a guidare i Filarmonici, compagine cui egli è legato da un rapporto felice che vanta oltre settanta presenze nel corso di quasi venticinque anni di collaborazione. Una serata di successo che ha confermato la popolarità dell’artista coreano in Italia e una palpabile comunanza di intenti con l’orchestra: Chung appartiene infatti a quella categoria di direttori con i quali si lavora a meraviglia, attraverso un rapporto non conflittuale, e i risultati si sono fatti sentire in termini di affiatamento, di omogeneità del suono, di bravura delle parti solistiche. Chung aveva del resto già diretto qui in varie occasioni i tre titoli in programma e poteva quindi contare su felici esperienze pregresse.
Autore insidioso come pochi altri, Ravel era rappresentato dagli apparentemente innocui cinque quadri di Ma mère l’oye, originariamente pensati per il pianoforte a quattro mani, e dalla raffinatissima seconda suite da Daphnis et Chloé, frutto del momento di massima euforia causata dalla presenza dei Ballets russes a Parigi e allo stesso tempo motivo di estrema tensione tra Ravel, Djagilev, Fokine e Nijnskij. In entrambi i lavori l’orchestra ha esibito qualità di suono e valenze strettamente tecniche non comuni, dalle parti solistiche del primo violino a quelle dei fiati, questi ultimi impegnati anche in passaggi perigliosi soprattutto nel finale di Daphnis.

A Ravel e alle rappresentazioni del Boris nella Parigi di Djagilev era naturalmente legato l’ultimo titolo in programma, i Quadri di una esposizione che vennero trascritti a dire il vero più tardi (1922) ma che risentono sicuramente delle impressioni incancellabili di quegli anni di fuoco. Chung ha sottolineato i caratteri meno problematici della partitura, già smussati dal trascrittore, puntando a evidenziare le specificità timbriche della trasfigurazione raveliana.
Ma vi è un altro filo conduttore che ci ricorda come il programma presentato da Chung abbia affondato le radici nel rapporto che la Filarmonica ha avuto in passato con altri due direttori “gentili”. Innanzitutto Carlo Maria Giulini, di cui Chung fu assistente a Los Angeles in anni oramai lontani, e che diresse l’orchestra sia nei Quadri (1986) che in Ma mère l’oye (1990). E il concerto dell’altra sera faceva indirettamente riferimento alla figura di Georges Prêtre, inizialmente previsto nella programmazione della serata, anch’egli protagonista più volte con i Filarmonici nella parte strettamente raveliana del programma. Ci piace pensare che esistano delle corrispondenze segrete tra le scelte di repertorio, la sensibilità e il rapporto con l’orchestra propri dei tre artisti, corrispondenze che hanno contribuito anch’esse al felice esito della serata.
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Il LIBRO. La Filarmonica negli scatti di Lelli e Masotti. Fotogallery
Anno significativo per la Filarmonica della Scala: compie trent’anni di attività. Tutto nasce con Claudio Abbado, nel 1969 trentacinquenne alla direzione musicale del Teatro alla Scala. A lui si deve la scintillante idea della creazione della Filarmonica, avvenuta durante una cena nel 1981. Il debutto nel 1982. A testimoniare trent’anni di storia una importante pubblicazione fotografica. Il valore profondo dell’immagine nel prezioso libro (Skira – Classica, a cura di Paolo Besana) pubblicato per la ricorrenza della Filarmonica, che raccoglie gli scatti di Silvia Lelli e Roberto Masotti in lungo questo percorso. Fotografia come memoria storica, percorso che non è solo dell’immediato ma ricostruzione e testimonianza insieme: momenti delle tournée, del pubblico, i luoghi, photo art. E poi certo i direttori: Abbado, Muti, Prêtre, Maazel, Sawallisch, Giulini, e nel lunghissimo elenco naturalmente anche Chung.
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