Concerto di successo all’Auditorium Toscanini di Torino con un programma di ambito francese
di Attilio Piovano
SERATA IN STATO DI GRAZIA per l’OSNRai, a Torino, venerdì 7 febbraio, in occasione del 14° concerto di stagione. Sul podio Pascal Rophé, cordiale e raffinato direttore, assai applaudito, come già la sera precedente al termine della seguitissima diretta televisiva (su Rai5 e in streaming su www.osn.rai.it) in un menu quasi per intero sul côté francese. Moltissimi – fa piacere constatarlo – i giovani che affollavano l’Auditorium Toscanini. Certo la presenza in programma dell’inossidabile Boléro raveliano, e così pure del pirotecnico An American in Paris, tra le più fascinose composizioni di Gershwin, costituivano motivo di sicuro appeal. In apertura le eleganti Deux Danses di Debussy ed è stato un trionfo personale per Margherita Bassani, arpista charmante, ottimamente assecondata dai soli archi dell’OSNRai dal suono terso e cristallino; ha saputo conferire varietà e colore al capolavoro debussiano. Bei fraseggi, tocco raffinato, cura estrema dei dettagli, ieratico incedere per la Danse sacrée dalle arcaicizzanti atmosfere prossime alle pianistiche Danseuses de Delphes, poi la giusta souplesse per la più estroversa Danse profane dalle mirifiche iridescenze. Applaudita a lungo dal pubblico e (meritatamente) festeggiata dai ‘colleghi’ (è prima arpa della compagine Rai), ha poi offerto fuori programma La fille aux cheveux de lin sublime Prélude (ancora Debussy) in un’interpretazione dal tocco perlaceo imbevuta di infinita delicatezza.
Tutt’altro clima, ma sempre di ambito francese novecentesco si trattava, con la saporosa Sinfonietta del gigione Poulenc. E allora quel primo tempo brillante e scorrevole che richiama Les biches (ma anche certe frasi del Concerto per organo, timpani e orchestra) poi il neoclassico Molto vivace arguto e frizzante, e l’OSNRai sotto guida di Rophé ne ha dato una lettura a dir poco memorabile per limpidità e bellezza di suono. Ancora preziosità nell’amabile Andante memore di certe atmosfere ancor tutte neoclassiche, per dire lo Stravinskij di Apollon Musagète, pur con una cifra del tutto personale, quella di Poulenc appunto, curiosamente mixate ad echi brahmsiani dall’intenso lirismo; infine la gioia allo stato puro del divertente Finale, una corsa a perdifiato con quegli ammiccamenti al Mozart dell’Eine Kleine Nacht Musik tanto riconoscibili quanto ironici e croccanti. E gli applausi al direttore e all’orchestra sono fioccati copiosi. Orchestra poi rimpolpata nei ranghi all’inverosimile, comme il faut e via con l’incandescente visione di Parigi secundum Gershwin. E lo spassoso poema sinfonico è sempre una festa per gli occhi e per le orecchie, oltre che – s’intende – una singolare vetrina. E l’OSNRai dispone di ottime prime parti, una duttilità ritmica che sotto le mani esperte di Rophé (in senso letterale dacché dirige senza bacchetta) aveva del prodigioso, e quel mix di jazz sinfonico e colonna sonora d’alto bordo che è la partitura gershwiniana è emersa al meglio in tutte le sue parti, dall’esordio smagato, quasi la mimesi del turista made in Usa dinanzi alle bellezze della metropoli parigina, affollata di auto (e punteggiata di clacson e clangori), poi le dinoccolate frasi della più quieta sezione centrale, giù giù sino all’apoteosi del celebre tema in technicolor. Da ultimo una lettura del Boléro davvero ammirevole per equilibrio, perfetto dosaggio del crescendo, come pure dei colori e l’irresistibile coda affrontata con quell’impercettibile accelerando che tutti i direttori navigati riescono ad imprimere, magnetizzando il pubblico. E l’OSNRai oggi non ha nulla da temere nel confronto con le massime compagini, quanto meno europee. Bis dell’ultima parte del Boléro e tutti euforizzati all’uscita dalla sala. E dire che l’avventura aveva avuto inizio con la calma olimpica del dandy Achille-Claude.
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