
L’Accademia Stefano Tempia di Torino ha proposto il celebre ciclo liederistico schubertiano; interpreti Massimo Viazzo e Furio Zanasi, la cui sensibilità conduce nelle pieghe di un viaggio metaforico e presimbolista
di Attilio Piovano
RIASCOLTARE IN CONCERTO l’immortale Winterreise schubertiana è sempre un’esperienza emotiva toccante, specie se a proporla sono interpreti di vaglia, colti e sensibili. Un vero e proprio itinerario dell’anima, un viaggio simbolico, metaforico tra solitari, algidi paesaggi interiori, un capolavoro impregnato di Sehnsucht, di desolazione spirituale, con quel senso del congedo definitivo e disperante dal mondo, e ad ogni riascolto ti si pone innanzi come uno tra i capolavori assoluti della musica di tutti i tempi. Un plauso speciale, dunque, alla direzione artistica dell’Accademia Corale Stefano Tempia, la più antica e blasonata delle associazioni concertistiche torinesi (essendo stata fondata nel 1875) per aver scelto di affidarne l’interpretazione a Furio Zanasi, baritono di lungo corso, grande esperto in special modo di musica antica e raffinato interprete del repertorio liederistico, accompagnato al pianoforte con eleganza e molto garbo da Massimo Viazzo.
Sicché la sera dello scorso 3 marzo, a Torino, nella sala del Conservatorio Verdi dall’impareggiabile acustica e dalle luci soffuse è stato un vero godimento dello spirito ripercorrere grazie ai due ottimi interpreti l’itinerario di questo sfortunato Viandante che si conclude con quell’enigmatico appello al suonatore di organetto, quel Leiermann, dalla dita raggelate, misterioso vecchio (Wunderlicher Alter) quasi metafora del protendersi sull’abisso dell’inconoscibile. I due interpreti hanno scelto – molto opportunamente – una chiave di lettura di natura segnatamente intimista. E allora quante preziosità di particolari hanno potuto emergere con una nitidezza senza pari: il panorama raggelato emblematicamente rappresentato dal ruscello ghiacciato sul quale il Viandante incide il nome dell’amata; ma prima c’è stata la struggente evocazione di ben altra stagione e il tiglio che attira coi suoi mormorii invitanti alla pace, mentre ora tutto è desolazione, brina e raffiche gelate, entro un panorama di spettrale fantasmatica fissità. Tutta la natura è in letargo e l’inverno non fa che rilanciare, come in un tragico contraltare, i pensieri bui del protagonista che per poco pare ritrovare la speranza. Ecco allora quella cornetta di postiglione annunciata da vibranti frasi; ma non è che illusoria e chimerica visione. E i pessimistici pensieri e la proiezione sulla cornacchia che si immagina pronta ad approssimarsi alla tomba. E ancora la tempesta di neve all’alba, la brina, sinistre immagini e l’approdo (ben più ch simbolico) ad un cimitero, giù giù sino al monocromo risuonare dell’organetto, di una ghironda dell’arcano vecchio ricusato perfino dai cani ringhianti, reietto da tutti: colui che in realtà rappresenta il possibile, metaforico riscatto per il viandante stesso.

Zanasi ha saputo evocare tutti questi elementi e molti altri ancora con una vocalità intensa, ricca di sfumature, andata in crescendo, pure entro una scelta interpretativa – merita ribadirlo – di natura intimista, quasi presimbolista. Poche, ma significative, le accensioni dinamiche in corrispondenza di alcuni dei luoghi topici della superba partitura. Un’interpretazione davvero toccante, ibridata di mille dettagli nella parte pianistica che Viazzo ha affrontato con una densità senza pari: mai sovrastando la voce, ma costantemente raccogliendone i più riposti accenti e rilanciandoli con affettuosa partecipazione. Peccato davvero per il pubblico non particolarmente folto, a riprova di quanto in Italia la liederistica sia davvero una nicchia (per pochi appassionati) entro la nicchia della classica. Onore al merito dunque e al coraggio della programmazione della Tempia, avvezza a spaziare dal barocco haendeliano (come nel concerto inaugurale di mesi or sono) alle incursioni verdiane, dalla polifonia rinascimentale, giù giù sino a certe rare proposte (il caso della schumanniana Messa op. 147 che si ascolterà in aprile) dando spazio nel contempo a giovani talenti quali il violinista Norzi e l’ormai affermata pianista Saskia Giorgini, per aver sfidato le leggi del botteghino offrendo ad un pubblico di intenditori una serata di distillata delibazione.
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