Opera Europa lancia, all’interno di una tre giorni di conferenze tenutasi al Teatro Real di Madrid, una nuova realtà online
di Ilaria Badino
SUL FATTO CHE L’OPERA SIA uno spettacolo da vedersi preferibilmente a teatro, con quello scambio non solo emotivo ma addirittura particellare, fisico che s’instaura tra buca d’orchestra, palco e pubblico siamo tutti d’accordo. Sarebbe tuttavia assurdo negare che fruizioni diverse da quelle del coinvolgimento diretto dello spettatore in sala abbiano, negli ultimi anni, preso piede con una certa veemenza ed importanza di risultati: invitanti sampler di prove, musicali e di regìa, corredati da interviste pubblicati su YouTube dal profilo ufficiale del teatro di turno; l’opera al cinema; l’opera proiettata in piazza (un esempio su tutti: la Wiener Staatsoper, che fa uso di questo mezzo ormai da anni); l’opera in streaming…
Insomma, non c’è da stupirsi che – il 6 maggio – la prima delle tante conferenze che hanno costellato i tre giorni organizzati dall’associazione culturale belga Opera Europa vedesse la Sala Gayarre del Teatro Real di Madrid gremita di professionisti del settore, alcuni dei quali costretti a stare in piedi per assistere ai saluti di rito ed alla prima, imperativa massima pronunciata dal direttore Nicholas Payne: «Non solo non possiamo, ma più che altro non vogliamo ignorare il mondo digitale». L’intervento successivo, del Launch Director di BBC Arts Online Peter Maniura, è volto a sottolineare come – per tentare di avvicinare un numero il più possibile elevato di nuovi spettatori al complesso ed elitario universo operistico – debbano essere presi in considerazione format e minutaggi diversi: è necessario, per il neofita, poter curiosare dietro le quinte tramite brevi documentari, oppure farsi un’idea generale della trama e della regia per mezzo di riassunti ad hoc che non superino i venti-venticinque minuti. Da lì si passa a sviscerare lo spinoso problema dei diritti. Per quanto riguarda quelli artistici, come ben sappiamo, non esiste alcuna complicazione, dal momento che cantanti e direttore non percepiscono nulla di aggiuntivo per trasmissioni via radio, tv o online (anzi, essi stessi gradiscono quest’ulteriormente amplificata visibilità) rispetto al cachet concordato alla stipula del contratto. Le grane cominciano quando si giunge a toccare la questione dei diritti editoriali, questi sì spesso e volentieri troppo gravosi soprattutto nel caso di compositori ancora viventi.

Dopo un secondo, ma questa volta ufficiale benvenuto da parte dei vertici del Real – immancabile il saluto del direttore artistico Joan Matabosch – la giornata del 7 maggio prosegue con l’effettivo e tanto atteso lancio di The Opera Platform. Se ne occupa, in primis, Eva Kleinitz, presidente del Consiglio d’Amministrazione di Opera Europa nonché direttrice della Staatsoper Stuttgart, la quale ancora una volta si cautela premettendo che il web non potrà mai sostituire l’atmosfera emotiva della recita dal vivo, ma aggiungendo che il progetto è importante in quanto volto ad offrire un’immaginaria stagione operistica europea che possa coinvolgere, per la semplicità del proprio accesso, un pubblico sempre più ampio e non necessariamente melomane. La piattaforma, libera e gratuita, coinvolge attualmente quindici dei centocinquantacinque teatri membri di Opera Europa, disposti a rendere fruibili al popolo internettiano alcune delle opere da loro prodotte, in collaborazione con il canale franco-tedesco Arte e grazie ai fondi provenienti dal Creative Europe Project dell’Unione Europea.
Ad aprire i battenti della piattaforma online, proprio La traviata (nella foto di copertina, ndr) in quei giorni in scena allo stesso Teatro Real con una strepitosa Ermonela Jaho quale protagonista. Per accedere e guardare l’opera comodamente in poltrona non si ha bisogno né di username né di password. Seguiranno ulteriori titoli da altre istituzioni liriche, non solo in formato completo ma anche in versione highlights, in parte riconducibili al grande repertorio ed in parte al repertorio contemporaneo. Ai partner di Arte preme aggiungere dell’altro; Wolfgang Bergman, responsabile per la componente tedesca, evidenzia come la modernità del mezzo voglia in realtà preservare un valore fondamentale ed antico della cultura europea; Emelie De Jung, responsabile della componente francese, procede specificando che la piattaforma sarà in inglese, francese e tedesco. Le opere in diretta non prevederanno sottotitoli, che verranno aggiunti dopo quattro o cinque giorni in sei lingue (inglese, francese, tedesco, italiano, spagnolo e polacco), in modo da coprire con esse il 70% dei cittadini europei possibili fruitori. Dagli uditori viene suggerita una compenetrazione tra The Opera Platform e l’uso dei social da parte dei melomani di vecchia data i quali, con l’utilizzo di moderne modalità di comunicazione, potrebbero ulteriormente far entrare in circolo nuove leve di spettatori.
Ecco poi il turno di Alexander Pereira. Il suo intervento si configura sin da subito come un one-man-show: Pereira rifiuta la poltrona, scavalca le cattedratiche scrivanie, ci si siede sopra e parla a braccio, confessando che ha bisogno di prendere spunto e ispirazione dalle facce che vede intorno a sé per avviare un discorso. Usando un linguaggio colorito si sofferma soprattutto a difendere l’operato di fund-raiser da lui stesso portato avanti per una vita («Non significa mercificare l’arte») e a porre l’accento su come il metodo più efficace per trovare finanziamenti privati sia far leva sull’orgoglio dell’ipotetico elargitore. Riportato in tema da Nicholas Payne, che gli chiede indirettamente se la Scala potrebbe mai essere uno dei teatri utili alla piattaforma, il Sovrintendente fa notare come la cosa sia difficile, poiché nel suo caso specifico deve prima passare per le “forche caudine” della Universal, della RAI e della Telecom. Per il momento accoglie l’invito con gentilezza ma declina.
La sera dell’8 maggio è finalmente arrivata: con l’alzarsi del sipario, comincia l’avventura di The Opera Platform. La recita della Traviata viene accolta da un enorme successo, coronato dalla standing ovation all’uscita della protagonista, la già citata Jaho, Violetta di uno spessore artistico semplicemente superiore anche rispetto alle ben più blasonate dive odierne. Dall’interno del teatro è udibile il tumulto della folla accalcatasi in Plaza de Oriente per vedere la recita su grande schermo; tumulto che diventa boato all’uscita sul balcone dei protagonisti, con cui popolo madrileno e turisti intonano, a mo’ di karaoke, la celebre «Libiamo ne’ lieti calici».
Come anticipato da Nicholas Payne, è impossibile dare un feedback di questa nuova realtà sin da subito, in quanto neonato esperimento in fieri. Ma, a dover giudicare dal numero dei contatti Twitter e dal generale tono d’entusiasmo degli stessi durante quell’unica sera, se son rose…