Sergei Babayan e Daniil Trifonov, linea di continuità. Insieme hanno interpretato Rachmaninov al festival svizzero
di Luca Chierici foto © Nicolas Brodard
DEVE ESSERE UNA BELLA SODDISFAZIONE per un docente e concertista affermato come Sergei Babayan condividere un recital con il proprio migliore allievo, Daniil Trifonov, che ha alle spalle il successo procuratogli dagli allori conseguiti al Concorso Chopin, al Čajkovskij, al Rubinstein. È successo quindi che il concerto del 25 luglio scorso alla Salle des Combins di Verbier si sia rivelato una duplice occasione per ascoltare maestro e allievo nella prima parte, con le due Suites per due pianoforti di Rachmaninov e i temibili 12 Studi trascendentali di Liszt affidati al giovane Trifonov nella seconda.
Le Suites contengono pagine che si possono collocare nella categoria del salotto di altissimo livello in quanto a contenuti espressivi ma possono anche essere considerate degli studi di spazialità sonora, che creano fantastiche miscele timbriche ed effetti stereofonici o tridimensionali che si potrebbero pensare ottenuti tramite complesse tecniche di sintesi propri di una tecnologia a noi assai più vicina nel tempo. Babayan e Trifonov ne hanno cesellato tutti i particolari, estendendo addirittura le preziosità timbriche grazie all’utilizzo di due strumenti diversi, uno Steinway e un Bösendorfer (che sono stati invertiti di posizione tra una Suite e l’altra per permettere ai due pianisti di scambiarsi le parti di primo e secondo mantenendo lo stesso strumento sotto le proprie dita). Un grande applauso da parte del pubblico ha accolto queste esecuzioni, mentre i due solisti si abbracciavano con affetto.
Di Daniil Trifonov ci siamo già occupati due volte sul Corriere Musicale, in occasione del suo debutto milanese nel 2012 e per un suo recital molto azzeccato, sempre a Verbier, lo scorso anno. Avevamo in sintesi notato in lui un virtuosismo straordinario unito a una non eccessiva preoccupazione della pulizia, dell’errore tecnico, uniti però sempre a un eccellente controllo del suono. Queste caratteristiche non hanno visto una evoluzione in senso positivo per quanto riguarda il puro lato tecnico – molte erano le note false in un testo che però si presta anche a una lettura precipitata e fondata sull’azzardo – ma il salto di qualità nell’approfondimento interpretativo si è percepito chiaramente e lascia ben pensare in un proseguimento di carriera che ci permetterà di ascoltare un pianista sempre più interessante e comunicativo. Certo gli Studi trascendentali di Liszt non sono più oggi una novità assoluta in concerto. Lo erano negli anni Settanta, quando si rimaneva di sasso ascoltandoli da Lazar Berman, o in disco da Cziffra e dal vecchio Arrau che in tarda età ne aveva dato una lettura di impressionante profondità. Poi venne un periodo in cui i Trascendentali divennero pane quotidiano per molti virtuosi come Campanella, Swann, Dalberto, Freddy Kempf, Cappello, Ovcinnikov, Restani e venivano proposti in ogni stagione concertistica con frequenza fin troppo ravvicinata. Ci si rese conto, allora, come la loro definizione esigesse un virtuosismo davvero straordinario (che pochi giovani strumentisti erano in grado di esibire) e che assai di rado vi era qualcuno capace di dominare alla perfezione tutti i problemi tecnici peculiari di ciascun elemento. Trifonov si è gettato a capofitto su questi testi così problematici e ne è uscito vincitore soprattutto in alcuni casi (i nn. 5, 8, 10, 12) mentre Mazeppa non era ad esempio all’altezza della fama del pianista.
L’apparato tecnologico della Salle des Combins si è quest’anno arricchito di una serie di schermi ad alta risoluzione posti ai lati del palcoscenico, che permettono a tutti gli spettatori di visualizzare i solisti così come accadrebbe nel caso di una trasmissione televisiva. Il risultato è molto interessante e va perfezionato solamente per quanto riguarda la non perfetta sincronia tra l’immagine reale e quella che arriva allo schermo. L’ascolto dal vivo del suono e la possibilità di godere della visione delle mani o dei primi piani del viso costituiscono un abbinamento ideale e hanno permesso anche di constatare come l’aspetto di Daniil Trifonov sia cambiato con la crescita di una barbetta che lo rende assai simile a un ritratto del giovane Alkan: una somiglianza sicuramente di buon auspicio.