di Luca Chierici
Nel ricordo di Giovanna Cavazzoni, instancabile motore organizzativo del Vidas, l’associazione che tanto ha fatto per Milano e che continua a prodigarsi per rendere più sopportabili le condizioni dei malati terminali, si è tenuto l’altra sera all’Auditorium un concerto del pianista Ivo Pogorelich, un artista tra i più discussi degli ultimi quarant’anni. Il pianista croato è tra le altre cose ambasciatore dell’Unesco e si è speso molte volte a supporto di organizzazioni umanitarie fin dai tempi terribili dei conflitti in Jugoslavia. Pogorelich, che oggi di anni ne ha quasi sessanta, è ben noto in Italia per avere vinto nel 1978 il Concorso Casagrande di Terni, ma è ancora più noto nel mondo dello spettacolo per essere stato escluso con ignominia dalle finali del Concorso Chopin di Varsavia nel 1980, decisione che causò l’abbandono della giuria da parte di Martha Argerich. Nonostante quell’infelice episodio, a Pogorelich venne riservata una carriera splendida nei teatri e nelle sale di tutto il mondo, carriera che si sviluppò al meglio nel periodo che va dal 1980 alla metà degli anni ’90.
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Che il Pogorelich di quegli anni, contestatissmo da alcuni per certe scelte controcorrente soprattutto nel rispetto dei pur flessibili tempi di esecuzione del repertorio classico, sia stato uno dei migliori pianisti in circolazione non vi è dubbio alcuno. Si possono discutere fino alla noia le ragioni ultime di certe sue prese di posizione, ma la qualità del suono, la perfezione assoluta del suo gioco pianistico, certe intuizioni profonde nella lettura di un repertorio sufficientemente vasto, non si possono dimenticare facilmente e le moltissime testimonianze registrate dei suoi anni migliori sono lì a confutare qualsiasi dubbio a riguardo. Il percorso creativo di un artista ha una durata finita nel tempo, è ovvio. Durata che può coincidere con l’alfa e l’omega delle sue apparizioni in pubblico, come soprattutto è accaduto nel caso di molti pianisti del passato più o meno recente, oppure essere rappresentata da un intervallo di tempo delimitato, per scelta (il caso di Alfred Brendel, che si è volontariamente ritirato dal concertismo) o per obiettivo e radicale mutamento delle condizioni che tale percorso creativo hanno reso possibile. In questo caso ci sembra di non avere torto nell’affermare che il percorso creativo di Pogorelich possa essere delimitato dalle date citate più sopra, intervallo di tempo nel quale si potevano sperimentare quelle caratteristiche di eccezionalità che erano proprie della sua arte.
Intendiamo dire che se un tempo l’ascolto di Pogorelich “meritava il viaggio”, per usare una nota terminologia delle guide turistiche o gastronomiche, oggi non è più così e solamente la comparsa – quasi meteora – del pianista in città giustifica il rito di frequentazione dell’evento, soprattutto per le giovani generazioni di ascoltatori che per ovvi motivi non hanno potuto assistere ai suoi concerti nel periodo aureo.
Cosa è rimasto di quel periodo? Certamente la qualità del suono, che è ancora meravigliosa ed è capace di entrarti nell’anima con quella incredibile proiezione in sala e la capacità di sostenere le note a lungo, come a contraddire l’inevitabile affievolimento nel tempo dell’evento fisico. Poi la capacità di sostenere tempi di esecuzione estremamente dilatati mantenendo una coerenza interna che, se distrugge e travalica i limiti imposti non tanto dalla tradizione ma dal buon gusto, è pur sempre giustificata da un rapporto con lo strumento che ha del magico. L’eccessiva dilatazione dell’evento sonoro nell’unità di tempo mette però in dura crisi tutto l’impianto dell’oratoria classica, tanto da rendere quasi irriconoscibile la Seconda Ballata di Chopin o certe parti della Seconda Sonata di Rachmaninov. La stessa dilatazione ed esasperazione dei parametri temporali, questa volta però voluta all’unico scopo di scandalizzare i benpensanti, la si è sperimentata nella Valse triste di Sibelius. In quel caso ritroviamo il Pogorelich provocatore che ben conoscevamo attraverso altri “bis”, uno per tutti il famigerato Per Elisa, e di ciò non ci curiamo affatto.
Nell’esecuzione del Terzo Scherzo di Chopin, in certe parti del Carnevale di Vienna e persino nella Fantasia in do minore di Mozart faceva comunque capolino l’Ivo Pogorelich degli anni d’oro, e ciò era sufficiente per rinverdire piacevolmente i ricordi e concludere che, tutto sommato, la decisione di riascoltare oggi questo singolare personaggio non era stata del tutto peregrina.
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