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Il debutto di Chiara Muti nella regia operistica è avvenuto in un evocativo e riuscitissimo allestimento di Sancta Susanna per il Festival della città romagnola; il padre Riccardo era sul podio dello spettacolo, che comprendeva anche il balletto Nobilissima visione del compositore tedesco
di Patrizia Luppi
A lmeno due strade principali si offrono a chi voglia rappresentare in teatro una situazione scabrosa: la si può esplicitare, riprodurre più vera del vero, enfatizzare fino alle soglie del grottesco; oppure la si può evocare attraverso segni anche minimali, eppure molto potenti. La seconda strada è quella scelta con intelligenza da Chiara Muti, alla sua prima prova come regista lirica, nella Sancta Susanna di Hindemith al Ravenna Festival, con il padre Riccardo sul podio.
Un’aura di scandalo circonda il breve lavoro del compositore tedesco – 27enne ai tempi in cui lo licenziò – basato sul dramma in un atto di August Stramm Ein Gesang der Mainacht (Un canto della notte di maggio). Si odono i gemiti di una donna nel pieno dell’amplesso; si evoca la vicenda di una suora che, nuda, abbracciò e baciò con lascivia il Crocifisso; la protagonista – anch’essa giovane suora – è travolta dalla scoperta della propria carnalità in seguito a tali potenti stimoli. Era inevitabile che, in epoche ben più rigide della nostra, a Sancta Susanna venisse posto il veto da chi si arrogava il ruolo di difensore della morale. Scarsissime quindi le rappresentazioni in tutto il mondo da quel 1922 in cui l’opera fu portata a compimento (lo stesso Hindemith la ritirò dalle scene, forse turbato da un’accoglienza che aveva travalicato le sue previsioni).
Addirittura rivoluzionaria, diremmo invece, per il coraggio di affrontare temi forti come la scoperta in una monaca della propria sessualità, il rifiuto del rigore cieco e soffocante
Riccardo Muti fu protagonista di una di quelle rare occasioni, inserendo Sancta Susanna nel cartellone della Scala nel 2005 ed eseguendola poi a Ravenna in forma di concerto. Convinto del profondo valore della potente partitura (in pratica un tema con variazioni dall’espressiva e variegata strumentazione), l’ha accostata in questa nuova produzione ravennate al balletto Nobilissima visione, ispirato al ciclo di pitture a soggetto francescano di Giotto in Santa Croce a Firenze.

Queste scene della vita del Santo di Assisi, datate 1938, rappresentano un saggio del côté neoclassico della produzione hindemithiana, mentre Sancta Susanna è un esempio del precedente periodo espressionista (le etichette sono sempre riduttive: usiamole tenendo presente che la complessità dell’ispirazione di Hindemith, come quella di ogni grande compositore, sfugge a definizioni troppo rigide). La coreografia, di luminosa semplicità, era firmata da Micha van Hoecke, in un allestimento scenico di Carlo Savi con i costumi di Anna Biagiotti e le luci sapienti di Vincent Longuemare. Protagonisti della brillante e freschissima performance, con il Corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma, i giovani Alessio Rezza, Francesco, e Gaia Straccamore, Chiara.
Dal podio, Riccardo Muti svelava continuità e fratture di linguaggio nel percorso hindemithiano, affrontando dapprima il balletto e poi l’opera “scandalosa”. Addirittura rivoluzionaria, diremmo invece, per il coraggio di affrontare temi forti come la scoperta in una monaca della propria sessualità, il rifiuto del rigore cieco e soffocante, la coerenza con la propria natura che non nega la fede ma spinge fino al sacrificio di sé (la povera Susanna è destinata a essere murata viva come la sfortunata consorella di cui avevamo ascoltato la storia).

Con lo scenografo Leonardo Scarpa, Chiara Muti ha diviso la scena in due fasce orizzontali: la più bassa è quella cupa e funerea del convento, dominata dal grande Crocifisso che sta al centro della vicenda; quella superiore, il mondo della natura, è immersa in un delicato clima notturno, con il lillà in fiore e gli alti steli tra i quali si appartano i giovani amanti che tanto turberanno Susanna. Fondamentali anche qui le luci studiatissime di Longuemare. La regia è nitida e senza sbavature, fatta di gesti precisi e rivelatori; bravissima, commovente la protagonista Csilla Boross, e con lei le consorelle Brigitte Pinter e Annette Jahns. La direzione di Muti, lucida, energica e vibrante, ha trovato piena corrispondenza nella strepitosa Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, mentre le componenti del coro Melodi Cantores hanno offerto un’ottima prova con la direzione di Elena Sartori.
Lo spettacolo sarà riproposto nella stagione del Teatro dell’Opera di Roma, che ha firmato questo nuovo allestimento in coproduzione con il Ravenna Festival.
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