
Il concerto di Vittorio Ghielmi e Luca Pianca all’Orta Festival è l’occasione per ascoltare il raro repertorio di Marin Marais e Antoine Forqueray.
ORTA -L’ange et le diable. Sarebbe a dire Marin Marais (1656-1728) e Antoine Forqueray (1672-1745). Orta Festival ha dedicato una serata ai due musiciens du Roi, virtuosi della viola da gamba e rivali postumi per il carattere opposto della loro musica.
Un ideale, immaginario magari immaginifico viaggio alla corte del Re Sole, dove proprio la Musica è ingrediente sostanziale dello sfarzo, situazione imprescindibile di intrattenimento, prova concreta di un’Arte che si fa scienza del gusto e del piacere. Una chimica degli affetti che si incarna spesso nei movimenti di danza, di cui Luigi XIV è appassionato dilettante. Le Roi danse! La danza, stilizzata in forma puramente musicale, assume caratteri diversi secondo le passioni che esprime.
Due artisti d’eccezione, Vittorio Ghielmi e Luca Pianca, si fanno interpreti di un programma pensato per far apprezzare tutte le sfumature, tutti i diversi caratteri di quelle musiche che così raramente si ascoltano nelle sale da concerto e che Orta Festival accoglie volentieri, impegnato da dodici edizioni nella ricerca di una offerta musicale che ogni anno si mostra sempre più ricca e interessante.
Un duo oramai ben collaudato quello della viola da gamba di Ghielmi e del liuto (o tiorba all’occasione) di Pianca. Un sentire comune, la stessa predisposizione alla sensibilità del Barocco sembra guidarli. Non enfasi interpretativa, non eccessi di esuberanza esecutiva, ma soltanto un attentissimo, sorvegliato e sapiente uso della tecnica, a lungo studiata e sperimentata così come i teorici e i musici francesi dell’epoca descrivevano o prescrivevano. Un’immersione nel mondo sonoro di Marais e degli altri grandi violisti per farne rivivere l’autentica voce. In sostanza un filosofia dell’interpretazione che lascia parlare da sola la musica.
Ed è molto bello, perché illuminante, che lo stesso Ghielmi, nella nota critica introduttiva al cd La force et la douceur (sempre realizzato con Luca Pianca per Passacaille, 2009) spieghi la musica di Marais soprattutto attraverso la citazione delle testimonianze dell’epoca, i dettagli tecnici che mettono i musicisti di oggi e gli ascoltatori di fronte alla evidenza di una prassi esecutiva, di fronte alla conoscenza di un pensiero musicale che cerca di comunicare “un universo nascosto nella risonanza”.
La cornice della serata è di certo suggestiva e concilia l’abbandono alla musica per contrasto: una piccola, spoglia chiesetta medievale sulle sponde del lago circondata dal verde delle colline, qualche rimanenza di affreschi antichi, il piccolo altare con la statua di S. Giulio.
Il programma intreccia l’esecuzione di alcuni Pièces de Violes di Marais e Forqueray all’intervento della tiorba solista di Pianca, che ha proposto due suites di Andrea Falconieri (1585-1656) e Robert De Visée (c.1650 – 1725).
La maggior parte dei brani sono pièces de caractère, vale a dire composizioni che oggi si definiscono “descrittive”, perché nate nell’intento di evocare l’immagine, magari il suono di un oggetto o ricreare musicalmente lo stile, il tipo, la peculiarità di un affetto, di una situazione.
Ecco allora di Marais, La Sautillante, dai passaggi veloci e “saltellati”; una Musette, dal tipico carattere popolare, così come lo strumento da cui prende il nome era adatto ad accompagnare le danze paesane; La Rêveuse, una serie di variazioni languide e meditabonde come un pensiero che ritorna.
Se Forqueray è ricordato come il virtuoso flamboyant, Marais non è da meno in brani come il Rondeau moitié pincé o Arabesque, dove il livello di impegno tecnico è già suggerito dal titolo.
Vittorio Ghielmi ha una abilità che gli consente di restituire con precisione e sempre con partecipazione lo spirito di ciascun brano musicale. Le difficoltà sembrano scomparire dietro al gusto del tocco, al gesto gentile eppure energico. E Luca Pianca accompagna con l’eleganza di chi ha il compito di servire la sua giuda. La tiorba sola è protagonista nelle suites di Falconieri e di De Visée.
Falconieri, napoletano, fu anche apprezzato compositore di canzoni per la facile predisposizione alla invenzione melodica, che nei suoi brani per liuto si traduce in un abile intreccio di variazioni e frequenti imitazioni tra la voce principale e il basso. Un contrappunto che si distingue con chiarezza per l’esecuzione polita di Pianca, che sa far emergere i colori più belli dal timbro dello strumento, tanto nella scioltezza di una forma nitida quanto nel momento delle sottigliezze dell’ornamentazione. Di De Visée bellissima la Sarabande en rondeau.
Si chiude con l’esuberanza di Forqueray, ancora soprattutto pezzi descrittivi dal carattere retoricamente definito. Carillon de Passy, La Portugaise, La Couperin, La Cottin e La Leclaire. Se la scrittura di Forqueray è brillante, spesso accordale e ricca di ornamenti, ardua a volte per i ritmi o per gli accenti, per i dettagli della diteggiatura e dei movimenti d’arco, tutto ciò rappresenta la sfida costante di Ghielmi e Pianca verso una sempre migliore comprensione di quello stile, espressivo per eccellenza, che si fonda anzitutto sulla ricerca della qualità idiomatica dello strumento.
Laura Bigi