di Monika Prusak
È iniziata con un minuto di silenzio, in ricordo del maestro Massimo Barrale, primo violino dell’Orchestra Sinfonica Siciliana scomparso da pochi giorni, la prima soirée di Simon Boccanegra al Teatro Massimo di Palermo.
Lo spettacolo è una ripresa della storica regia di Sylvano Bussotti, andata in scena per la prima volta al Teatro Regio di Torino nel 1979, con scene e costumi dello stesso regista. Questo melodramma “quasi surreale”, un “immenso affresco , variegato di atmosfere e colori”, come lo aveva definito lo stesso Bussotti in un’intervista con Giorgio Rampone, ha visto il cantante spagnolo Plàcido Domingo nel ruolo di protagonista. Accanto al famoso tenore si sono esibiti Anastasia Bartoli in Amelia, Arturo Chacón Cruz nel ruolo di Gabriele Adorno, Marco Mimica come Jacopo Fiesco e Marco Caria in Paolo Albiani.
La visione scenografica di Bussotti non ammette immobilità, rendendo gli ambienti tridimensionali, leggeri e semi-trasparenti. Sul fondo luccica un mare mozzafiato, che offre una presenza costante, rassicurante e suggestiva. I costumi vantano stoffe pregiate dai colori vivaci e luminosi, in continuo gioco con le luci sapienti di Vincenzo Raponi. Anche la regia ripresa da Paolo Vettori preferisce un movimento perpetuo, adattando il tempo dell’azione alle singole scene e immagini.
Boccanegra di Domingo si trasforma nel corso dello spettacolo: da semplice corsaro, giovane servitore della Repubblica Genovese, a un doge distinto, possente e maturo. Il cantante regge perfettamente il personaggio con tutte le sue sfumature, sia per quanto riguarda il temperamento, sia per il movimento scenico disinvolto e convincente. Nonostante sia dotato di una voce da tenore, Domingo affronta il ruolo baritonale con grande successo, grazie alla eccellente sicurezza tecnica e interpretativa. Simon Boccanegra è un pirata come tanti, ma al momento della proclamazione popolare veste il mantello e il ruolo che gli spetta: Domingo, ultraottantenne, dà una grande prova di recitazione sempre ai massimi livelli di preparazione ed efficacia.
Sono stati convincenti anche i due bassi, Marco Mimica e Marco Caria. I due interpreti si mostrano disinvolti in scena e dotati di vocalità profonde e ben adatte ai ruoli. Amelia di Anastasia Bartoli incanta per il timbro della voce e per la presenza scenica, per quanto abbia riscontrato dei momenti di evidente insicurezza tecnica. Arturo Chacón Cruz, invece, è un Adorno elegante e sicuro di se stesso, tuttavia la sua voce manca di volume e si perde troppo spesso nelle ricche sonorità orchestrali. Molto solido ed intonato il coro del Teatro, con qualche momento di sbilanciamento di volume a vantaggio dell’orchestra. Appassionante e puntuale è la direzione di Francesco Ivan Ciampa, che tuttavia a tratti non riesce a impedire che l’orchestra copra le voci dei protagonisti dell’opera.