di Luigi Gaggero*
Durante le ultime settimane ho lavorato alla preparazione di progetti che avrebbero dovuto avere luogo a marzo in diversi teatri di Kyiv: un programma wagneriano insieme al bravissimo baritono tedesco Matthias Goerne; un concerto (organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura) dedicato interamente a Venezia, e a quell’inconfondibile rapporto che la musica veneziana intrattiene da secoli con lo spazio; la registrazione del Piano Concerto di Ligeti…
E invece, eccomi inaspettatamente a Genova, a scrivere queste righe, interrotto ogni minuto dai messaggi che mi arrivano dai musicisti della mia orchestra e del mio ensemble: mi raccontano dei missili che cadono sulla città; di come hanno trascorso la notte in una cantina, in un garage sotterraneo o in una delle stazioni della metropolitana (che nella capitale ucraina si trovano a grande profondità, e sono dunque più sicure delle abitazioni in caso di bombardamento); mi scrivono anche dei bambini feriti, degli edifici civili bombardati e della loro paura; del non comprendere come Putin abbia potuto davvero attaccarli così, senza alcuna ragione comprensibile (se non – mi viene da pensare – un delirio kappagibista di ricostruire delle inattuali ‘sfere di influenza’ intorno alla Russia, o la smania di volersi sentire più ‘grande’ di Pietro il Grande)…
Non riesco a credere che tutto questo stia accadendo per davvero…
Cercando di analizzare il conflitto, non sarebbe difficile smontare una ad una le indecenti fandonie di Putin sulle ragioni del suo attacco, come quelle già usate per giustificare l’occupazione della Crimea nel 2014: «La Crimea, una volta, era russa!» Cosa? Oltre al fatto che, ragionando con gli ‘una volta…’, tutti avrebbero diritto a rivendicazioni su tutto, il presidente russo dimentica il piccolo dettaglio che ben prima di essere russa per qualche decennio, la Crimea era stata tatara per almeno dieci secoli: fu soltanto alla fine del XVIII secolo che i russi cominciarono a sterminare e deportare la popolazione locale, per completare poi la loro operazione di “russificazione” nel 1937, con le purghe staliniane… come si possono, dunque, addurre delle ‘ragioni storiche’ per una invasione che proprio dal punto di vista storico è ingiustificabile?
Negli ultimi anni i musicisti ed il pubblico ucraini si sono molto aperti al repertorio e allo stile interpretativo europei
Ancora più grossolane appaiono le accuse di pretese ‘torture’, di cui leggo in queste ore, che i poveri russofoni subirebbero dalla parte degli ucraini-nazisti (!): io stesso vivo a Kyiv da nove anni osservando un contesto perfettamente bilingue, dove il sentimento di “essere ucraini” è totalmente trasversale rispetto all’appartenenza linguistica. Piuttosto è vero che, vedendo come si vive oggi nei territori ‘liberati’ da Putin, gli Ucraini hanno potuto toccare con mano l’orrore della dittatura oligarchica russa: questo li ha probabilmente rafforzati ancora di più nel loro spirito nazionale, e certamente li ha resi desiderosi di abbracciare valori diversi. In effetti, credo che Putin non tema tanto l’allargamento della Nato, quanto l’avere al proprio confine un Paese che sta diventando sempre più democratico e dove sono sempre più affermati e rispettati i diritti civili: per preservare il proprio potere personale è meglio non rischiare che i Russi capiscano che, a pochi passi da loro, la libertà è possibile.
Tornando al mondo musicale, certamente negli ultimi anni i musicisti ed il pubblico ucraini si sono molto aperti al repertorio e allo stile interpretativo europei: questo riguarda sia la formazione di interpreti e compositori (molti di loro studiano in Germania, Francia o nei Paesi Bassi) sia l’apertura e la curiosità del pubblico locale (io stesso ho avuto la fortuna di dirigere molti concerti a Kyiv presentando compositori quali Sciarrino, Cella, Gervasoni, Grisey, Ligeti, o giovani autori viventi, e ritrovarmi col teatro ‘tutto esaurito’: ogni volta mi sembrava di essere a una prima di Verdi alla Scala!!).
Questa ‘apertura’ non costituisce un semplice ‘ampliamento del repertorio’ perché si unisce a una qualità che, invece, spesso manca a noi occidentali: poter percepire il fatto artistico come un momento spiritualmente necessario. Questo porta non soltanto a sale da concerto piene (nonostante un repertorio molto difficile), ma anche a una grande eterogeneità del pubblico: a fianco di anziani professori di conservatorio, siedono teen-agers, DJ e ‘guru’ della musica techno, psicoanalisti, intellettuali e casalinghe… in Ucraina non sono gli “specialisti” o gli “appassionati” che vanno ai concerti: tutti hanno bisogno di quel soffio vitale che solo l’Arte può spirare nella nostra esistenza…
Per quello che riguarda invece il rapporto con i musicisti, ho sempre percepito una differenza che potrei tentare di descrivere in questo modo: da noi ‘occidentali’ la professionalità è diventata, in un certo senso, una maschera: si può chiedere a un professore d’orchestra di suonare in un modo piuttosto che in un altro (più piano, più legato, più preciso, più espressivo) ma in realtà la comunicazione (anche quella non verbale) riguarda quasi sempre il ‘come’ e raramente il ‘perché’. Insomma, se da noi c’è una attenzione sempre maggiore per gli aspetti testuali e l’aspetto tecnico, è invece sempre più raro, oggi, provare un ‘brivido metafisico’ durante un concerto. Al contrario, in Ucraina ho incontrato spesso musicisti che, prima ancora delle loro mani, mettevano ‘a disposizione’ la loro anima: il loro è un modo inconfondibile di suonare, dove in ogni nota risuona una presa di responsabilità etica. Spero che qualche registrazione dei nostri concerti (che mi permetto di segnalare più sotto) chiarirà meglio ciò di cui sto parlando.L’Ucraina non soltanto custodisce, come è noto, una tradizione millenaria, parte importantissima del patrimonio culturale europeo, ma costituisce oggi un importantissimo ‘serbatoio’ di linfa spirituale: la passione, la dedizione, la profondità e l’idealismo degli Ucraini possono essere una fonte di ispirazione per tutti noi, anche nella ricerca della nostra identità – e non soltanto in quanto musicisti, ma come esseri umani.
Luigi Gaggero è dal 2018 Direttore Principale di Kyiv Symphony Orchestra; dal 2014 è Direttore Musicale e Artistico di Ukho Ensemble Kyiv. È Professore alla Académie Supérieure de Musique di Strasburgo