La tappa milanese del recital che Beatrice Rana sta presentando in varie parti d’Italia durante questo autunno – che si spera porti a una normalizzazione delle attività di spettacolo – si è tenuta alla Società dei Concerti di Milano, istituzione che ha avuto il merito di presentare la giovane artista per la prima volta in città e di seguirla con fiducia ricambiata negli ultimi anni.
Questo ascolto ha permesso di valutare al meglio il percorso artistico di una pianista oramai celebre in tutto il mondo, spesso impegnata nell’ambito della musica da camera e del repertorio per pianoforte e orchestra. Incisioni discografiche e concerti dal vivo in qualità di solista rappresentano le armi principali per comunicare le proprie scelte artistiche e in questo senso nel caso dell’artista salentina siamo di fronte a una presa di posizione netta, precisa, che ricorda da vicino quella di un Pollini, ossia la focalizzazione su titoli, più ancora che su autori, che rappresentano momenti cruciali nell’evoluzione del pianoforte e della musica in genere. Dunque Chopin con i quattro Scherzi (che fanno seguito alle passate letture degli Studi op. 25 e dei Preludi), l’inedito – per lei – primo libro degli Studi di Debussy, e la riproposta dei Trois mouvements de Petruška di Stravinskij. Titoli non a caso presenti anche nel repertorio del grande pianista milanese.
In tutte le occasioni, Beatrice Rana non si fa problemi nel proporre piccole deviazioni dalla lettura più comune dei testi da lei affrontati. Lo si è capito l’altra sera soprattutto da alcuni particolari dello Scherzo op. 20, da certi accenti in Petruška, persino nel bis chopiniano (il Notturno in do minore dell’op. 48). Parliamo di dettagli che magari turbano non sempre positivamente l’orecchio assuefatto alla “tradizione” ma che non sono a priori censurabili perché scaturiscono comunque da una lettura precisa del testo musicale. Nella esecuzione degli Scherzi si è semmai premuto l’acceleratore su certi passaggi ornamentali veloci, scelta questa che, soprattutto nell’op.31, era fin eccessiva e sminuiva un poco il significato musicale di figurazioni che in Chopin non sono mai accessorie ma che rivestono sempre un profondo significato musicale. Eccesso di padronanza della tastiera? Forse, ma in ogni caso il bilanciamento di un controllo digitale di alto livello si tramuterà un domani in un riesame parziale del proprio approccio, così come in un certo senso è stato il caso della volitiva giovane Martha Argerich. Gli Scherzi, del resto, possono trarre parzialmente in inganno proprio per la presenza di un materiale facilmente scambiabile per virtuosismo puro, e in questo “errore” sono incappati in gioventù anche mostri sacri del livello di Arthur Rubinstein.
Molto interessante è stata successivamente la lettura dei primi sei Studi di Debussy, più cauta nella proposizione di varianti anti-tradizionali ma sempre molto interessante e pregevole per l’alto livello tecnico e interpretativo raggiunto qui dalla pianista. Particolarmente notevole è parsa la proposta di Pour les quartes, dove le difficoltà tecniche sembrano per lei scomparire. Si ha spesso l’impressione che Beatrice Rana trovi, nella sfida alla scrittura impervia, un motivo in più per gettarsi nello studio e nella risoluzione naturalissima delle asperità. E la stessa cosa si può dire sia avvenuta per gli altri cinque studi in programma, compreso quel difficilissimo Pour les octaves dove peraltro abbiamo ancora nelle orecchie una insuperata esecuzione del Pollini di qualche anno fa (e sia sufficiente qui il livello del paragone ora avanzato !).
Sempre di alto livello, anche se con la fisiologica presenza di alcune imperfezioni in un testo che è davvero impossibile da padroneggiare al cento per cento durante una esecuzione dal vivo, è stata infine la proposta di Petruška che, nel caso del repertorio della Rana, non è a caso accoppiato da sempre all’altra grande trascrizione (non di mano dell’autore ma effettuata da Guido Agosti) dedicata al finale de L’oiseau de feu, accoppiamento che oggi ci sembra naturale ma che non lo era affatto nell’ambiente concertistico fino a pochi anni fa.
Successo vivissimo e soprattutto molti spunti di interesse per una artista certamente non convenzionale.