di Luca Chierici
Con due concerti di grande richiamo si è aperta una vera e propria stagione mahleriana ospitata a Milano dall’Auditorium e caratterizzata dalla presenza di orchestre e direttori che si alternano offrendo al pubblico la possibilità di ascoltare un repertorio di assoluto rilievo rivestito del “suono” tutto particolare delle diverse compagini.
Di un felice ritorno si può davvero parlare nei confronti della serata del 26 ottobre, quando Riccardo Chailly, protagonista in passato di tanti appuntamenti sinfonici con l’allora “Orchestra Verdi”, ha eseguito la prima sinfonia “Il Titano” che è uno dei suoi cavalli di battaglia presentati più volte nelle sale di tutto il mondo. Incredibile a dirsi, la durata dell’esecuzione dell’altra sera era praticamente identica a quella che aveva contraddistinto l’esecuzione con l’orchestra dell’auditorium nel febbraio del 2000, ma più di un dettaglio convertiva la lettura di Chailly in qualcosa di differente. A mio parere la oramai lunga consuetudine del direttore con la Filarmonica della Scala e soprattutto con l’acustica del Teatro, così diversa da quella dell’Auditorium, ha obbligato Chailly a contenere le sonorità che tuttavia risultavano in alcuni momenti risentire della eccessiva brillantezza procurata dai rivestimenti lignei della sala. Ne è risultata una esecuzione che alternava momenti squillanti a sezioni volutamente mantenute nell’ordine di sonorità molto contenute. L’esecuzione della sinfonia, che ha riscosso un successo clamoroso (quanti giovani non avevano potuto sentire in sala i risultati di più di venti anni fa!) è stata preceduta da quella di un Preludio sinfonico in do minore nella ricostruzione di Albrecht Gürsching, una partitura un tempo attribuita a Bruckner e già colma di umori mahleriani. Nella serata successiva è stata la volta dell’Orchestra dell’Accademia di S.Cecilia che ha presentato con la bacchetta di Manfred Honeck il magnifico ciclo del “Corno magico del fanciullo” (Des Knaben wunderhorn) seguito dall’Eroica di Beethoven. Il baritono Cristoph Pohl ha degnamente sostituito Mathias Goerne indisposto e ha offerto una lettura di grande fascino anche se certamente meno accattivante di quella del famoso collega, che abbiamo ascoltato più volte. La Sinfonia beethoveniana è stata dipanata con grande chiarezza da un direttore che molto ammiriamo per il suo approccio estremamente classico e mai oltre le righe per una scrittura che, per quanto colma di fascino e a volte di brutalità, mantiene pur sempre i contorni di un capolavoro uscito allo scoperto nel nuovo secolo appena inaugurato. Anche l’Eroica ha ricevuto applausi a non finire (non si capisce mai, nel caso di questi grandi capolavori, quanto il pubblico applauda l’esecuzione o la meraviglia della partitura in sé) e fa ben sperare nel proseguimento di questo ciclo che attira l’attenzione di tutti i milanesi in questo periodo dell’anno.