L’opera di Donizetti ha inaugurato ieri la stagione lirica del Teatro Comunale Mario del Monaco. Tra gli interpreti Lorenzo Regazzo e Laura Giordano. Sergio Alapont alla guida dell’OPV
di Elena Filini
Che bella la Roma degli anni Trenta. Quella delle segretarie che sognano l’amore e la ricchezza, quella delle sciantose appese ai telefoni bianchi. Fuori –è vero– infuria la tragedia. Ma tra le mura domestiche ha campo libero la commedia sentimentale, fatta di sirene, maliarde, giovani bellimbusti e vecchi che –in amore– non hanno scampo. La nuova stagione lirica del Teatro Comunale di Treviso Mario Del Monaco è stata inaugurata ieri sera dalla prima di Don Pasquale, commedia donizettiana sul crepuscolo e la beffa agli amori senili. Una nuova produzione che riprende una fortunatissima regia di Italo Nunziata, forse tra le sue migliori, realizzata per la Fenice nel 2002 e già in parte vista a Treviso nel 2005. La commedia degli equivoci che vede al centro il maturo celibatario Pasquale da Corneto è ambientata negli anni dell’avvento del cinema sonoro. Sulla scelta visiva Nunziata conferma: “Come non associare Ernesto a Vittorio de Sica in film come il Conte Max o Norina a Elsa Merlini in La segretaria privata?”.

La produzione vedeva nel ruolo del titolo Lorenzo Regazzo. Il basso veneziano, riconosciuto interprete rossiniano ma soprattutto mozartiano, è qui ad una delle sporadiche prove nel repertorio donizettiano. Per lui valgano le parole che, nel 1843, utilizzò il celebre giornalista francese Théophile Gautier per recensire Luigi Lablache, primo don Pasquale: “teatralissimo,magnifico, sempre alieno dal cattivo gusto”. Se all’idea del buffo si associa un finissimo cultore della sfumatura, un talento scenico vero, lontano da mossette e clichès, Lorenzo Regazzo è un epigono ideale dei grandi buffi sette-ottocenteschi, Lablache quindi e prima di lui Bassi, Benucci. La sua è una lezione di misura, teatro e suprema intelligenza scenica. Vocalmente, pur non avendo un mezzo tonante, si disimpegna molto bene, con eleganza e qualche giusta malizia.

Sergio Alapont, alla testa dell’Orchestra di Padova e del Veneto dimostra di cogliere la corda giusta nella musica di Donizetti e miscela dramma e commedia con sicurezza, accondiscendendo nei limiti del possibile alle esigenze dei cantanti ed eccedendo un po’ troppo nel nonsense nel concertato Son tradito,beffeggiato. Il Voxsonus Choir diretto da Alessandro Toffolo sente forse il peso della prima. Nonostante la bella compattezza sonora (ottima la sezione femminile) è penalizzato da qualche attacco ondivago di troppo. Sulla recita, per lo più godibilissima, grava tuttavia le perplessità nella scelta di Dionigi D’Ostuni, trentaduenne tenore pugliese, per Ernesto. La sua palese inadeguatezza nel sostenere un ruolo così impervio ha, sotto il profilo psicologico, messo a dura prova tutto il cast. Buato nell’aria Cercherò lontana terra, si è in parte rinfrancato nel seguito, cercando però in definitiva solo di limitare i danni. Il direttore d’orchestra gli è comunque sostanziosamente venuto in aiuto, cercando di adeguare la partitura alle sue risorse.
A Donizetti non difettava la disinvoltura. Non avrebbe quindi cavillato più di tanto sul fatto di abbassare intere sezioni d’aria di una terza, o adeguare gli intervalli della melodia per superare il meno possibile il passaggio. Resta da capire a che giovi riscrivere o quasi la parte di Ernesto, tagliare metà Serenata con l’unico effetto di togliere al personaggio le sue caratteristiche, cioè quell’aria un po’ bambocciona da amoroso di fine mercato. Il paradosso è che Dionigi d’Ostuni ha un ottimo materiale, e sarebbe un Ernesto credibile. Tuttavia non possiede al momento una tecnica che gli consenta di reggere quel tipo cantabile e quella tessitura. I suoi guai tecnici sono marcati ed evidenti (nasalità, gola stretta oltre il centro e conseguente perdita dell’appoggio) e dunque risulta poco comprensibile il motivo per cui una direzione artistica debba assumersi un rischio del genere,sopratutto ad una prima di stagione, e vien da chiedersi se questi giovani cantanti abbiano un maestro, o un preparatore che li consigli o, se è il caso, sconsigli. Laura Giordano è una Norina ideale. Graziosa, fluida e molto elegante in scena, ha quel giusto spillo nella voce per rendere un personaggio lunatico, pepato, erede di tutte le Serpine, Despine, Lisette tra improvvisa e musica. Tecnicamente poi è un manuale di belcanto: non sbaglia un colpo, ha un dominio dei fiati e un’omogeneità nella tessitura da professionista navigata. Il Malatesta di Roberto de Candia è sempre gradevole, spigliatissimo vocalmente. Il cast era completato dal simpatico Notaro di Gianluca Tumino. Nel complesso lo spettacolo, sul quale pur gravava una tegola non da poco, è piaciuto. Applausi convinti per Regazzo, Giordano e la splendida regia di Nunziata, in cui brillavano i tre spassosissimi servitori di casa.
Elena Filini
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Vista ieri sera l’opera.
Prima dell’attacco è stata annunciata la sostituzione del tenore D’Ostuni per “grave indisposizione”.
Il sostituto di cui, ahimé, non ricordo il nome, è stato all’altezza e l’opera è stata nel complesso tanto piacevole quanto molto buona
Divertentissima la gag dei vecchi servitori di casa don Pasquale che si son messi a servire nel ridotto gli spettatori tra secondo e terzo atto.
Detto questo mi pare che annunciare l’indisposizione di un cantante senza poterlo sostituire non serva altro che a generare animosità nel pubblico pagante. Di sentire cantanti non all’altezza capita, non è piacevole, ma ci si adatta. Sentirsi invece dire che il cantante che si andrà ad ascoltare non è all’altezza (e non verrà sostituito) è francamente inaccettabile. Trovo perciò che la scelta della direzione sia discutibile, ma tutto sommato condivisibile.
Gli ultimi tre don Pasquale che ho visto (in teatri diversi) avevano la scenografia di ieri sera.
Scenografia veramente splendida, ma anche da un piccolo teatro è gradita la varietà. La mancanza di questa, a mio avviso, è stata pagata con un teatro meno pieno del solito.
Sì, anche secondo me sarebbe stato il caso di fare un annuncio.
mi è capitato spesso di assistere a rappresentazioni in cui un protagonista era indisposto e regolarmente ne veniva data informazione al pubblico pagante con annuncio. sinceramente viene da chiedersi come mai in questo caso ciò non sia avvenuto…
Venerdì scorso, in occasione della prima, il Teatro Comunale Mario Del Monaco di Treviso non ha diramato, come è prassi corrente, alcun annuncio di indisposizione prima dell’alzata del sipario. Appare quantomeno insolito che pubblico e critica non vengano messi al corrente di un fatto di questa rilevanza.
Elena Filini
Credo che sia giusto, senza voler entrare nei particolari né in alcuna polemica, far sapere che il tenore D’Ostuni ha accettato di sostenere la recita nonostante un’indisposizione nell’impossibilità di essere sostituito all’ultimo momento.
Perdurando l’indisposizione ha rinunciato alle repliche.
Personalmente mi auguro di poterlo ascoltare in piena forma e in un ruolo più consono alle sue caratteristiche quanto prima.
Grazie, Richard Barker