Laico e nordico: sotto la bacchetta di Gustav Kuhn l’Orchestra e il Coro Haydn regalano una lettura di Ein Deutsches Requiem di Brahms sospesa tra grandiosità e raccoglimento.
di Emilia Campagna
Lettura accurata, che percorreva le brume e le nebbie di una partitura non liturgica ma intensamente religiosa e che nel coro ha la sua voce principale: e la compagine vocale dava gran mostra di sé, prima nel colpo d’occhio del dispiegamento di forze, frutto dell’accorpamento di più cori (l’amatoriale Coro Castelbarco di Avio, i professionisti dell’Ensemble Contiuum – preparati da Luigi Azzolini –, il Südtiroler ensemble e la Camerata vocale Innsbruck – maestro preparatore Wilhelm Tschenett), poi nella massa sonora decisamente imponente ma capace di piegarsi alle sfumature di toni e colori: un bell’impasto timbrico, decisamente morbido nei registri medi e gravi, solo con qualche punta di asprezza nelle voci di soprano. Notevole la prova dell’orchestra, discreta nella presenza, mai ingombrante, a sostegno del coro, sempre tenuto come protagonista nel dialogo intenso con il direttore Gustav Kuhn. E nell’idea di fede come momento collettivo, come espressione dell’umanità tutta, il solismo ha due autentiche gemme nel cuore del Requiem. Vi prestavano voce il baritono Konrad Jarnot, timbro affascinante dall’imperioso metallo, e Martina Bortolotti, apprezzatissima nella sostituzione last minute dell’indisposta Annette Fritsch.
Appuntamento decisamente clou della stagione sinfonica dell’orchestra regionale Haydn, il Requiem non ha mancato il successo di pubblico: tutto esaurito nelle due date (Bolzano e Trento) e in previsione la pubblicazione di un cd con la casa Col Legno.
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