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Il pianista turco sotto processo per i suoi tweet considerati blasfemi. Ieri mattina si è presentato in aula, rischia un anno e mezzo di carcere
[LA] primavera araba non è arrivata fino a Fazil Say, accusato lo scorso maggio dalla procura di Istanbul di aver «insultato i valori religiosi di una parte della popolazione» con tweet sugli zeloti musulmani. Il pianista non piace agli integralisti turchi, non piace il volto nuovo e libero della Turchia che esprime. Intanto ha chiuso il suo account sulla piattaforma dell’uccellino Larry e probabilmente si trasferirà in Giappone.
Al suo arrivo in tribunale per l’udienza preliminare è stato accolto da sostenitori, ammiratori, difensori di diritti civili. Un esempio di tweet incriminato? Quello contro il muezzin di una moschea che recitava le preghiere troppo velocemente, e per il quale Fazil Say si chiedeva se la fretta fosse dettata da una donna o dal Raki, il tipico distillato di anice. La denuncia sembra essere partita da tre cittadini disturbati dai suoi messaggi. È possibile sostenere il pianista firmando l’appello sul sito Support Fazil Say
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