Prosegue la registrazione dell’integrale delle sinfonie. Una lettura a metà strada tra la filologia e la tradizione
di Maurizio Corbella
Dopo l’integrale delle sinfonie di Beethoven, Schumann, Brahms, Mahler e dei lavori orchestrali di Richard Strauss, prosegue inesorabile il percorso d’incisione di David Zinman e della Tonhalle Orchestra di Zurigo, che si accinge a concludere anche l’integrale delle sinfonie di Schubert (rimane per il momento fuori solo “La Grande”). Diventa pertanto difficile isolare questa registrazione dal più ampio contesto discografico, che ha ormai imposto sulla scena un direttore e un’orchestra di indubbia caratura internazionale capaci di imprimere un segno importante sul repertorio classico-romantico. Semmai il problema sta nel chiedersi in che misura un’ennesima incisione della Terza e della Quarta Sinfonia di Schubert aggiunga qualcosa alla storia della loro interpretazione. Bisogna riconoscere a Zinman la capacità di offrire una cifra personale del compromesso (ottimamente raggiunto) tra le letture “tradizionali”, che tendevano a ricondurre il compositore a un orizzonte romantico, e quelle figlie di approcci “filologici”. Zinman si dimostra raffinato concertatore, con un’orchestra che evidentemente egli conosce a menadito e che lo segue in ogni dettaglio: i gruppi orchestrali, tra cui meritano una menzione particolare legni e ottoni, sono rifiniti con grande cura soprattutto dal punto di vista delle dinamiche e dell’articolazione e ciò dà luogo a una trasparenza cristallina nei passaggi meglio riusciti. D’altra parte tale attenzione alla sfumatura talora lascia qualcosa sul terreno sotto il profilo dell’impulso ritmico, specialmente nei tempi veloci; ma ci può stare, dopotutto Schubert non è Rossini… Un esempio di tale caratteristica si ha nell’Allegro con brio del primo movimento della Terza Sinfonia, in cui, se il primo tema scoppiettante perde in vitalismo ciò che guadagna in profondità coloristica, il secondo tema cantabile trionfa in delicatezza e limpidezza. Diverso è il discorso per la Quarta Sinfonia, la “Tragica”, la più a rischio di “derive” romantiche o epiche. Zinman si mantiene agevolmente al di qua di tale soglia, staccando tempi piuttosto veloci e alleggerendo gli archi dalle tentazioni più drammatiche. Il risultato non è tuttavia privo di pathos. Anzi, la coerente lettura del direttore americano rintraccia la “tragicità” schubertiana nel movimento vorticoso delle parti, ancora dotato di un equilibrio classico che guarda a Haydn e Mozart, ma inevitabilmente segnato dalla teatralità di Rossini e di Weber.
Schubert Symphonies Nos. 3 & 4 | David Zinman & Tonhalle Orchestra Zurich | Sony Music Entertainment, 2012
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