Alla memoria dello studioso scomparso dieci anni fa, autorevole voce della musicologia italiana, si è aperto il festival marchigiano con un convegno ed un concerto a lui dedicati
di Daniela Gangale
UN’INAUGURAZIONE ALL’INSEGNA DELLA MEMORIA quest’anno per il Festival Pergolesi Spontini, che si è aperto venerdì scorso con un convegno e un concerto al Teatro Pergolesi di Jesi. La memoria questa volta è non soltanto quella di Giovan Battista Pergolesi e di Gaspare Spontini, compositori illustri e figli di queste terre marchigiane ai quali la comunità locale devolve ogni anno con impegno un sostanzioso tributo musicale, ma anche quella di Francesco Degrada, indimenticato musicologo scomparso dieci anni fa, che a Pergolesi ha dedicato tanta parte del suo impegno di studioso.
Coltivare la memoria con rispetto ed entusiasmo rende forte la propria identità e dà energie per guardare al futuro; lo hanno capito da tempo a Jesi e deve essere questo il segreto della vitalità di questo festival che, giunto ormai alla sua XVma edizione non smette di ospitare artisti di eccellente livello, di rendere possibile il lavoro di importanti musicologi attraverso progetti di ricerca e pubblicazioni promossi dalla omonima Fondazione e, ultimo ma non ultimo, di attirare un pubblico sempre più consapevole e appassionato.
Lacrimosa memoria, sorridente levità è il titolo che quest’anno è stato dato a tutta la manifestazione (che prosegue fino al 20 settembre in vari luoghi) e al convegno internazionale di studi che ha aperto il festival. La prima parte del convegno, dedicata alla memoria di Degrada, ha visto tra i relatori studiosi che lo hanno conosciuto e che hanno a lungo lavorato con lui a progetti pergolesiani; attraverso le parole autenticamente commosse e partecipi di Renato Di Benedetto, Cesare Fertonani, Angela Fiore, Paologiovanni Maione, Raffaele Mellace, Franco Piperno, Claudio Toscani e molti altri si è composto in controluce un ritratto di Degrada che lo consegna a chi non lo ha conosciuto come un vero e grande Maestro. Al di là delle indiscusse capacità di studioso, testimoniate dai volumi che arricchiscono le biblioteche musicologiche, è emersa infatti la sensibilità dell’uomo, la sua onestà intellettuale, l’attenzione e il rispetto verso i giovani studiosi e l’entusiasmo che era capace di trasmettere per la ricerca.
Il concerto inaugurale, a lui dedicato, è stato un ulteriore omaggio attraverso alcune delle musiche pergolesiane che più amava. Pensato per mettere in luce le caratteristiche delle due protagoniste della serata, la soprano Eva Mei e il contralto Sara Mingardo, due grandi signore della lirica che non hanno bisogno di presentazioni, il programma ha portato per mano gli ascoltatori attraverso alcuni dei capolavori pergolesiani. Dopo aver apprezzato le caratteristiche di ciascuna cantante rispettivamente nel Salve Regina in fa minore per contralto archi e continuo, in cui Mingardo ci ha regalato una interpretazione piena di ieraticità e dolcezza, e nel Salve Regina in la minore per soprano, archi e continuo in cui Mei ha scelto un piglio deciso e pieno del carattere di una prima donna, la serata ha toccato il suo apice nello Stabat Mater, animato da entrambe. Questa composizione, che costituisce il vertice del corpus pergolesiano, fu pensata come un duetto spirituale ispirato agli ideali della geistliche Kammermusik, la musica sacra da camera. Degrada in uno scritto del 1969 mette in guardia dall’interpretare questa composizione indulgendo in svenevolezze e languori molli e carezzevoli; ai tempi del loro autore queste musiche erano infatti pensate per gli evirati e le loro voci agilissime, neutre, asessuate. Mei e Mingardo sono sembrate in accordo con questa visione della composizione, regalandoci uno Stabat fluido e profondamente sentito, mai retorico, in cui l’esperienza religiosa si fa emozione intima e non apparato formale. Brano dopo brano la composizione ha percorso il suo cammino pieno di pathos, esplodendo nell’Amen finale, davvero travolgente, che il pubblico, folto, elegante e attento nel teatro di Jesi, ha salutato con lunghissimi applausi.