di Simeone Pozzini foto © Mathias Bothor/DG
TRA LE ALTRE INNUMEREVOLI COSE, bisogna osservare l’uso che Maurizio Pollini fa del pedale sinistro del pianoforte per provare ad analizzare la sua arte. Un’arte complessa e raffinata che ha come risultato una grandissima naturalezza pianistica e chiarezza musicale. Il pianista milanese, oggi settantacinquenne, è tornato alla Philharmonie di Berlino con un programma dedicato interamente a Chopin: i Notturni op. 27 ed op. 55, le Ballate n. 3 e n. 4, la Sonata n. 3, la Berceuse op. 57, lo Scherzo op. 20. Il concerto dell’altra sera si è svolto in una Philharmonie gremita di persone che hanno salutato il pianista, al termine del concerto, con più di quindici minuti di ovazione, ricambiata da Pollini con l’esecuzione della Prima Ballata come bis.
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Chopin è il compositore che l’interprete milanese ha più registrato in disco e suonato dal vivo (qualche giorno prima lo stesso programma era stato eseguito anche a Francoforte), partendo dalla celeberrima vittoria al concorso Chopin del 1960. Non solo, è anche il compositore a proposito del quale la sua visione interpretativa ha subito più cambiamenti di tipo squisitamente pianistico tra gli anni ’60 e ’70, partendo quindi da una lettura di rubinsteiniana memoria, fino ad arrivare ad una singolarità, ad una visione unica che connota inequivocabilmente le sue interpretazioni. Il concerto che Maurizio Pollini ha tenuto l’altra sera alla Philharmonie di Berlino conferma quindi fondamentalmente la visione interpretativa che dagli anni Settanta in avanti il pianista ha di Chopin e certamente non solo del compositore polacco ma anche della musica pre-novecentesca: letture iper analitiche non prive di pathos, tra melanconia e furore, neoclassiche ed insieme coinvolgenti. Esemplari.
Nello specifico del programma della serata (e non solo qui) risulta chiaro a nostro parere l’intento di sdoganare Chopin dal ruolo di esclusivo melodista ottocentesco per dare rilievo alle armonie assolutamente moderne del compositore polacco. Un altro elemento di interesse interpretativo è il rilievo dato alle voci tenorili, spesso soffocate in varie tradizioni interpretative in una brodaglia di romantica liquidità. E così in Pollini è tutto chiaro, trasparente. Le scelte dei tempi sono fondamentalmente rimaste invariate rispetto a quelle delle incisioni. Si prenda ad esempio la Terza Sonata, registrata negli anni Ottanta: l’impianto interpretativo è indentico, a parte alcuni appoggi tematici ed in generale un uso del pedale più ampio. Anche nelle Ballate abbiamo ascoltato un Pollini ispirato che battaglia con le “sue” strutture per fare uscire grande musica.
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