di Luca Chierici foto © Hanniger
Con un successo di pubblico entusiasmante Daniele Gatti si è presentato nuovamente di fronte agli abbonati dei concerti della Filarmonica della Scala con un programma che ricalcava l’accostamento già sperimentato quattro anni fa, quando il direttore aveva proposto la Sinfonia in do maggiore K 338 di Mozart accostata alla “decima” di Šostakovic. Ma chi ha seguito l’attività di Gatti fin dagli esordi si ricorderà di appuntamenti molto più lontani nel tempo, quando alla testa della “sua” orchestra giovanile, la Stradivari, aveva diretto la K 201, uno dei capolavori del Mozart diciottenne, nel settembre del 1990, alla Scala, accostando la Sinfonia al Divertimento K 136. E ancor prima, nel giugno del ’90 e nel settembre del 1988 la Società dei Concerti di Milano lo aveva ospitato in un programma dove sempre i Divertimenti mozartiani comparivano nel programma. Erano anni d’oro per lui, il suo talento era stato subito riconosciuto e le orchestre cittadine, compresa quella dei Pomeriggi Musicali, l’allora Rai di Milano e poi la Filarmonica della Scala facevano a gara per accaparrarsi quel giovane direttore che sembrava tanto somigliare al Claudio Abbado degli esordi. E in giro per l’Italia lo voleva ancora la Rai di Torino e l’Orchestra di Santa Cecilia. Sono passati tanti anni da allora e la carriera di Gatti – meglio il suo percorso evolutivo – ha fatto tesoro di collaborazioni lunghe e proficue, dal Comunale di Bologna all’Orchestre National de France fino al Concertgebouw. E si è trattato in quei casi di un costante approfondimento del repertorio classico e romantico, affiancato poi dall’amato Mahler e dal sempre presente Novecento storico, per non parlare dell’attività del Gatti direttore di teatro, tante sono le occasioni che lo hanno vito protagonista anche nel repertorio più desueto sperimentato a Bergamo (un Dom Sebastien) o a Pesaro.
Non è un mistero che le sciagurate polemiche nate lo scorso anno in seno al Concertgebouw abbiano rallentato temporaneamente l’attività del direttore, che oggi è tornato sul podio della Filarmonica più agguerrito che mai. E con un programma che, non fosse stato per il precedente cui abbiano accennato poco fa, era abbastanza curioso, se non altro per il carattere della quinta sinfonia di Šostakovic che ha concluso la serata. “La risposta creativa di un artista sovietico alle giuste critiche” era stata la definizione appiccicata a questo lavoro dopo che l’autore sembrò avere fatto ammenda di certe posizioni non in linea con le richieste del regime. C’è qualcosa di autobiografico in questa scelta di Gatti, quasi un parallelo con la risposta ad altre accuse che gli sono state rivolte, o si tratta solamente di una curiosa coincidenza? Vero è che la Quinta è una sinfonia che faceva già parte del suo repertorio (la aveva ad esempio diretta con la Rai di Torino nel ’90) e che la sua lettura non ci è sembrata discostarsi troppo da una visione tradizionale legata ai non moltissimi gradi di libertà lasciati dalla partitura. Gatti ne ha dato una (ri)lettura meditata ma anche infuocata, con quel pizzico di ironia che traspare sempre dagli apparentemente doverosi omaggi del compositore al Soviet. Il Mozart di Gatti, invece, lo ricordavamo più vivace e allo stesso tempo granitico, un omaggio alle crescenti forze vitali che si agitavano nell’animo del musicista all’epoca della cattività salisburghese. La Sinfonia K 201 ci è sembrata dunque fin troppo leziosa e accomodante, senza quei fremiti che pure si agitano in una partitura apparentemente ligia alle convenzioni. Grande successo di pubblico e una accoglienza davvero affettuosa per il direttore milanese che si appresta ad “occupare” la città anche con la nuova attività a capo della neonata orchestra Filarmonica di Milano.