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“The Rape of Lucrezia”, lo stupro del potere

di Giuseppe Pennisi
23 Marzo 2013
in OPERA
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Home OPERA
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rape1 J.Young(Lucretia)_J.Imbrailo(Tarquinius)8319

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Opera • In scena a Ravenna l’opera di Britten scritta nel 1945/46. Memore delle atrocità del Secondo conflitto mondiale, il compositore riflette sulla gestione dittatoriale della politica, scrivendo un’opera di forte impatto emotivo


di Giuseppe Pennisi


[IL] Teatro Alighieri di Ravenna, e il Ravenna Festival (ormai esteso sull’arco dell’intero anno) meritano un plauso per il coraggio e la professionalità con cui hanno rimesso in marcia, la sera del 22 marzo, The Rape of Lucretia di Benjamin Britten, in un aggiornamento dell’allestimento di Daniele Abbado che debuttò a Genova nel 1999 e nel 2000 venne ripreso a Firenze ed a Reggio Emilia. Questa volta, il percorso comincia da Ravenna – l’Alighieri è un teatro di tradizione che ogni anno affianca il repertorio (in questa stagione Lucia e L’Italiana) con chicche rare – per andare in aprile a Reggio Emilia ed nella seconda metà di maggio al Maggio Musicale Fiorentino.

Ci sono spettacoli che, come il buon vino di Borgogna, migliorano se invecchiano. Questa edizione di The Rape deve essere annoverata tra le migliori messe in scena di teatro in musica degli ultimi vent’anni. Mentre è comprensibile che, la sera della prima, in sala ci fossero alcune file vuote (era la prima volta che l’opera, per di più in lingua originale, veniva rappresentata a Ravenna), è triste che ci fossero pochissimi critici musicali di testate nazionali, attirati forse da registi più trendy alle prese con titoli noti. Parallelamente, al Verdi di Trieste, si presenta stasera un differente allestimento di The Rape.

Rape 2 C.Zavalloni(Female Chorus)_J.Daszak(male chorus)_J.Young(Lucretia)_2074
Da destra Cristina Zavalloni (Coro femminile), Julianne Young (Lucretia), John Daszak ( Coro Maschile)

Per varie ragioni, questa edizione di The Rape merita grande attenzione. In primo luogo, grazie sia alla tecnologia sia alle maggiori dimensioni del teatro, lo spettacolo è stato ritoccato rispetto a quello messo in scena nel 2000 al Goldoni di Firenze; nonostante l’estrema economia di mezzi (punto essenziale della poetica di Britten) si ha, grazie alla scena a due livelli ed alle proiezioni, l’impressione di assistere ad un colossal (con forti riferimenti all’attualità). In secondo luogo, il cast è ovviamente mutato. Jonathan Web è alla guida di 12 strumentisti dell’orchestra del Maggio Musicale in grado di affrontare una partitura difficile senza mai sovrastare le voci, ma creando sonorità da grande orchestra sinfonica. Il cast vocale è stato scelto con  cura; è noto che si tratta solo di otto voci, di cui due rappresentano il coro maschile e femminile, che commenta l’azione ma anche interviene. Julianne Young (Lucrezia), John Daszak (coro maschile), Cristina Zavalloni (coro femminile), e Joshua Bloom (Collatino)  ricordano Janet Baker, Peter Pears, Heather Harper e John Shirley-Quirk. Ossia i cantanti per cui  Britten concepì i ruoli e che lui stesso concertò in una registrazione riversata in CD ed ancora sul mercato.

In terzo luogo, nel 2013 ricorre il centenario dalla nascita di Britten. Pochi sembrano ricordarsene in quanto tutti alle prese con i bicentenari dalle nascita di Verdi e Wagner. Tuttavia, Britten non è unicamente uno dei maggiori compositori del Novecento ma The Rape (del 1945-46) è tra le prime delle sue opere che si inseriscono in una poetica oggi, se si vuole, ancora più attuale di allora. Nel dopoguerra, Britten aveva piena consapevolezza che per sopravvivere l’opera lirica avrebbe dovuto saper parlare al pubblico con lavori di alta qualità ma a basso costo e facilmente ‘trasportabili’ da una città all’altra. The Rape non è e non vuole essere un’opera da camera (nonostante l’esiguità dei mezzi richiesti) ma una full opera che con un organico ridotto esplora ed evoca potenzialità espressive sia dell’opera tradizionale all’italiana (arie, duetti, terzetti, concertati, intermezzi sinfonici) sia richiami a Purcell ed a Gray sia la sperimentazione di Stravinskij (Le Renard, L’Histoire du Soldat) e di Holst (Savitri). È una strada su cui oggi (di fronte a restrizioni di risorse  severissime) occorre meditare, come fanno, ad esempio, compositori contemporanei di vari Paesi.

Al pari di Peter Grimes, Billy Budd ed il War Requien, The Rape appartiene alle riflessioni di Britten sulla violenza (e sulla virtù): la guerra è il massimo della violenza,  la conquista del potere e lo stupro sono l’aspetto peggiore della guerra ma – Britten era profondamente religioso – la Fede porta alla redenzione. Spettacolo di grande livello sotto il profilo sia drammaturgico sia musicale. Merita un viaggio a Reggio Emilia (dove sarà dal 5 al 7 aprile) ed a Firenze (in maggio).

© Riproduzione riservata

Tags: Benjamin BrittenBrittenCristina ZavalloniJohn DaszakJonathan WebJoshua BloomJulianne Young
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Giuseppe Pennisi

Giuseppe Pennisi

Nato a Roma nel 1942, ha avuto una prima carriera negli Usa (Banca mondiale) sino alla metà degli Anni Ottanta. Rientrato in Italia è stato Dirigente Generale ai Ministeri del Bilancio e del Lavoro e docente di economia al Bologna Center della Johns Hopkins University e della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione di cui ha coordinato il programma economico dal 1995 al 2008. Frequente collaboratore di quotidiani e periodici, scrive regolarmente per Avvenire. È Consigliere del Cnel in quanto esperto nominato dal Presidente della Repubblica ed insegna alla Università Europea di Roma. Ha pubblicato una ventina di libri di economia e finanza in Italia, Usa, Gran Bretagna e Germania. Culture di musica classica, è stato Vice Presidente del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto e critico musicale del settimanale Il Domenicale dal 2002 al 2009; attualmente collabora regolarmente in materia di lirica al settimanale Milano Finanza ed al quotidiano britannico Music & Vision.

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