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A Bologna un nuovo appuntamento del festival Baby Bofè ha visto in scena la Compagnia Fanfateatro ed il Coro del Teatro Comunale
di Andrea Bellini
Reminiscenze disneyane in questa nuova produzione del Baby Bofè 2012, Festival di musica classica dedicato al pubblico dei più piccoli, specie pensando a come, in Fantasia 2000, è stata realizzato il binomio fiaba-musica classica adattando quella celeberrima del soldatino di stagno alle note del Concerto per pianoforte e orchestra n.1 di Dimitrij Šostakovič. La fiaba qui scelta dagli autori della Compagnia Fantateatro è una storiella a tinte fosche ambientata in una remota Germania e con protagonista un nano – o gnomo o folletto che sia – dal nome buffo Rumpelstiskin, che i Fratelli Grimm raccolsero nel 1812 nei Racconti di Bambini e Casalinghi e che nel nostro paese è nota col nome di Tremotino. La musica invece è quella dei Carmina Burana di Carl Orff, cantata scenica come da dicitura, che fin dalla sua prima rappresentazione riscosse un successo tuttora crescente ed espose lo stesso autore ad una notorietà forse inaspettata tanto da rischiare di oscurare ciò che lo ha reso celebre, lo Schulwerke, il suo prezioso ed innovativo metodo didattico che da lui prende il nome, pensato proprio per i più piccoli.
Produzione nuova, si diceva, ed anche occasione per una corposa collaborazione con il Coro del Teatro Comunale di Bologna diretto da Lorenzo Fratini accompagnato dal pianista “storico” Mario Benotto, collaborazione che è andata ben al di là di una semplice partecipazione al progetto, ma che si è tramutata in una vera consulenza musicale sia sulla scelta dei pezzi (infatti è stata proposta una selezione dell’intero lavoro) come pure nella loro collocazione nella rappresentazione. Il Coro poi diventava esso stesso “attore” grazie all’idea dello scenografo Federico Zuntini di porre i cantanti ed il loro Direttore dietro un telo trasparente su cui apparivano di volta in volta le varie ambientazioni, cosicché sullo sfondo le voci apparivano (e scomparivano) in controluce, in un curioso ma efficace effetto vedo-non vedo molto suggestivo.
Chi ha seguito fin qui le vicende legate degli spettacoli proposti dal Baby Bofè e Fantateatro sa che l’ironia e la leggerezza tendono a privilegiare sugli aspetti più inquietanti delle fiabe classiche e può facilmente immaginare che non solo il finale ma tutta l’intera vicenda sia inframezzata da momenti di comicità pensati per un pubblico di bambini. La prima sorpresa di questo matinée per le scuole nell’ambito del cartellone di Note sul Registro, emanazione del Festival ad uso appunto degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, è nel notare come in un contesto certamente diverso da quello delle rappresentazioni nei Teatri d’Opera per un pubblico adulto, i coristi ed il Maestro si appassionano e si divertono al pari dei bimbi e alla fine sono con loro sul palco non solo per prendere gli scroscianti applausi (meritatissimi) ma loro stessi a battere le mani insieme al pubblico, segno del potere incantatore della musica, capace di abbattere steccati ideologici e di accomunare oltre ogni arte.
La seconda (piacevole) sorpresa arriva quando ci si accorge l’attenzione con cui i piccoli spettatori presenti in un Teatro dell’Antoniano pieno in tutti gli ordini di posti seguano le vicende narrate e la musica che sottolinea e si interpone nelle varie scene. Sorpresa relativa in fondo, se pensiamo che Note sul registro è un’iniziativa che prevede, per le scuole che aderiscono, un percorso didattico a monte, effettuato dagli insegnanti con schede sulla musica, sul compositore e, in questo caso, sul Medioevo, dove lo spettacolo a teatro ne è il momento conclusivo, coinvolgendo alunni e docenti anche con un gioco-quiz molto divertente ad opera degli attori (e con i bimbi che fanno meglio dei loro maestri!).
La storia, dunque: un boscaiolo (mugnaio nell’antica fabula) assai fanfarone, persosi nel bosco incantato e finito sotto le grinfie degli elfi, creature che dominano la selva, per salvarsi la buccia inventa una frottola colossale, cioè che la figlia sia in grado di filare la paglia trasformandola in oro! Da quel momento sarà il folle Rumpelstiskin (il cui nome sarà rivelato solo alla fine) il motore dell’azione aiutando la bella figlia a compiere il prodigio per ben tre volte ed alla fine, per aver esaudito il desiderio, chiederà un dono molto speciale alla ragazza: quando ella sarà la sposa del re (che nel frattempo se n’è innamorato perdutamente) dovrà consegnargli il regale primogenito ed ella, per salvare la vita del proprio padre, accetta senza pensare al momento in cui il folletto verrà a reclamare il terribile pegno. Il lieto fine arriva quando verrà svelato dal bugiardo padre il vero nome (Rumpelstiskin appunto) il che permetterà la liberazione della ragazza dal pagamento del riscatto, mentre l’elfo – divenuto buono nel frattempo – ogni giorno le farà visita con un regalo sempre diverso.
Certamente Orff, che dovette scontare anche qualche pregiudizio sul suo presunto coinvolgimento col nazismo, non immaginava che le sue musiche, seppur ispirate ad un mondo arcaico, sarebbero occorse da “colonna sonora” ad un racconto di nani e folletti. Il codex buranus, raccolta di documenti risalenti a circa il XIII secolo, riportato alla luce nel 1847 da Johann Andreas Schmeller ed esattamente 90 anni dopo messo in musica dal compositore tedesco, getta una luce nuova su un periodo, il Medioevo appunto, ritenuto a torto buio e “barbaro”. I canti alla Primavera (Primo vere) quelli d’amore (i Cours d’Amour) e i goliardici canti d’osteria (In Taberna) sono al tempo stesso un mix che si presta a rappresentazioni di vario tipo ed un inno ad un paganesimo che si contrappone decisamente ad un oscurantismo religioso che è un po’ il segno distintivo di tanti racconti medievali. Lo stesso Orff quando musicò la raccolta (a sua volta una selezione tra le 200 e più poesie) fu accusato di “primitivismo” sia per la scelta dell’orchestrazione (molte percussioni, due pianoforti, una celesta) sia per l’uso, soprattutto negli archi e nei legni spesso usati in lunghi ostinati come nel famosissimo e sfruttatissimo O Fortuna, un po’ il “marchio di fabbrica” dell’intera opera.
Sicuramente tra tutte le possibili conseguenze di adattare di questa cantata scenica come la chiamò, Orff non si sarebbe mai immaginato che le musiche da lui scritte sarebbero diventate lo sfondo ideale per una fiaba – seppur tedesca – ma soprattutto la colonna sonora di un bello e divertente spettacolo per bambini. Unica “nota” (questa veramente stonata!) è il disinteresse ed il silenzio che i media cittadini riservano al Baby Bofè e a Note sul Registro, progetto unico in Italia nel suo genere e che, dati alla mano, realizza un numero di presenze superiore a molti festival assai più celebrati, salvo poi lamentarsi della mancanza di iniziative culturali a Bologna o peggio, sponsorizzare eventi che si esauriscono nell’evento stesso e che di “culturale” non hanno nulla; la conferma viene dagli stessi attori di Fantateatro che affermano di ricevere molte più richieste da altre città, segno che un certo provincialismo è duro a morire o che, come sempre “l’erba del vicino è sempre più verde”.
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