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Una strepitosa «Quarta» di Čajkovskij con OSN Rai a Torino e il concerto per pianoforte di Dvořák interpretato da Benedetto Lupo
di Attilio Piovano
S uccesso pieno e davvero meritato, l’altra sera (venerdì 16 marzo) per l’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai a Torino (Auditorium ‘Toscanini’ di Piazza Rossaro), in occasione del 15° concerto della stagione pubblica 2011/2012. La serata ha potuto godere della ripresa televisiva effettuata dal Centro di Produzione TV di Torino a cura di «La Musica di Rai3» (su www.lamusicadiraitre.rai.it sono disponibili i concerti già andati in onda, la programmazione settimanale, interviste e curiosità) sicché prima o poi verrà trasmesso, e inoltre – come i lettori più attenti ed appassionati di certo sapranno – il concerto è stato regolarmente proposto in diretta su Radio3 nell’ambito di Radio3 Suite la sera di giovedì 15 e in streaming audio video su www.osn.rai.it
Sul podio è tornato a Torino per l’occasione, John Axelrod, già apprezzato lo scorso anno. Piatto forte della serata un’esecuzione a nostro avviso strepitosa della «Quarta Sinfonia in fa minore op. 36» di Čajkovskij, pagina possente ed emozionante, non solo per gli assunti biografici; «Sinfonia», si sa, gravida di fatalismo, per quei suoi riferimenti al terribile 1877, l’anno dell’infausto matrimonio con un’allieva, ovviamente subito naufragato, «Sinfonia» nella quale si riverbera lo stato di profonda depressione ‘innescato’ sì dall’improvvida catastrofe coniugale, ma in realtà con radici ben più profonde nel ‘vissuto’ emotivo, erotico e sentimentale del tormentato musicista russo il cui equilibrio vacillava vistosamente (da lì il tentativo di suicidio); ma nel contempo l’iper sensibile Čajkovskij poteva contare sull’amicizia e sul sostegno, spirituale e materiale, di Nadezda Filaretovna von Meck, curiosa, bizzarra ed eccentrica mecenate alla quale fu legato da un singolare (quanto invero morboso e atipico) rapporto. I due si scrivevano lettere appassionate, come due ‘normali’ innamorati, pur senza essersi mai incontrati, e la facoltosa donna sostenne a lungo l’attività del musicista, salvo interrompere i finanziamenti, a seguito del proprio tracollo. E proprio a lei Čiajkovskij dedicò la sua «Quarta Sinfonia», indirizzandosi alla donna, al maschile, come ‘al mio migliore amico’: agli psicanalisti lasciamo l’interpretazione profonda di tale, intenzionale, lapsus freudiano da parte di Čajkovskij che per la vita intera negò disperatamente a se stesso, e al mondo, la propria condizione di omosessualità dalla quale invero scaturirono capolavori assoluti. Sono aspetti che ben conoscono i musicofili, amanti di questo capolavoro che, terminato nel 1878, reca tutti i crismi di una appassionata ed esibita confessione autobiografica. Per i cinefili, andarsi a rivedere il bel film di Ken Russel del 1971 «The Music Lovers», in italiano «L’altra faccia dell’amore», dove c’è tutto questo e molto di più, secondo il consueto linguaggio filmico di Russel, ovviamente, ipertrofico e talora quasi prossimo al kitsch che lambisce senza addentrarvisi).
E allora ecco l’esordio della «Quarta» con quel fatale, tragico appello a simboleggiare l’impossibilità per l’uomo di raggiungere la felicità piena: un esordio altisonante che, tutte le volte in cui risuona, innesca i brividi, specie dopo il collasso di quei rintocchi secchi, inesorabili, riapparendo poi ancora in seguito come una drastica idée fixe. L’intero primo movimento ondeggia tra momenti di sconforto, accensioni e temi nostalgici (superbo l’episodio melanconico in tempo di Valse che Axelrod ha cesellato con cura estrema e molto charme, dando rilievo alle singole parti: per dire, ammirato il rintocco dei timpani, delicato e remoto, un po’ come nella «Piccola Russia», detto per inciso, capolavoro ciajkovskijano quasi negletto), sino all’altisonante perorazione che – con la riapparizione del lancinante appello dell’esordio – lascia attoniti per potenza espressiva. Axelrod ha dato una lettura, verrebbe da dire, iperanalitica, dove tutto era in evidenza, conseguendo risultati di gran livello, grazie all’ottima ‘risposta’ dell’OSN Rai in gran forma (tutte da elogiare le prime parti, non solo gli ottimi ottoni e le percussioni, ma anche archi, legni, sicché risulta impossibile nominarle per ragioni di spazio). Forse per questo primo tempo qualche ‘agglutinazione’ in più ci sarebbe stata bene ugualmente, qualche atmosfera un poco più torbida e conturbante, ma di certo della lettura analitica di Axelrod ha potuto giovarsi enormemente il leggiadro Andantino, con quella melopea iniziale dell’oboe, carica di spleen, la pasta seducente degli archi, dal colore giustamente ambrato e poi la gioia festosa del tratto centrale. Grandi emozioni con il celeberrimo Scherzo, affrontato alla giusta velocità (talora si sentono esecuzioni fiacche e lumacone, o per converso nevrotiche e troppo eccitate) tutto giocato sul timbro del pizzicato degli archi. E qui Axelrod ha saputo creare un range ammirevole di dinamiche, dal pianissimo d’esordio al forte dei contrabbassi, conferendo la giusta souplesse. Bene, anzi direi perfetti i cambi di tempo nel Trio centrale (è un punto sempre pericolosissimo dove orchestre pur eccelse talora rischiano di sbandare per un nonnulla, e invece tutto è filato liscio, con rigore e pur nel contempo con grande naturalezza). Forse qualche intemperanza e qualche sonorità eccessivamente acuminata nella parte (pur impervia e aspra) dell’ottavino, pressoché inevitabile. Da ultimo il Finale, festoso e scintillante: fin troppo, sicché la riapparizione del tema d’esordio, insomma l’appello fatale del ‘destino’, è scivolato un po’ via, risucchiato dalla coda vistosamente ebbra. E qui Axelrod ha forse esagerato un poco, pigiando sul pedale dell’effettismo (verrebbe da dire ‘cinematografico’, quasi hollywoodiano, non ce ne vogliano i lettori, ma ci siamo capiti). Peccato veniale, anche se a dire il vero ha rischiato di porre in ombra la tragicità di quell’appello: un appello che fa capire la stimmung dell’opera in cui Ciajkovskij, è pur vero, conclude all’insegna di una festa, come a dire, ‘abbiamo scherzato’, sì va bene il destino, ma alla fine c’è la gioia, sia pure effimera e fittizia; sappiamo che con la «Sesta» Čajkovskij saprà andare fino in fondo dello scandaglio psicologico del proprio animo, osando chiudere con un Adagio lamentoso, mentre qui a prevalere è (in apparenza, ma si badi bene solo in apparenza) un luminescente clima di festa. Bene il contrappunto della parte centrale, tutto in evidenza, tutto con chiarezza in primo piano, insomma una gioia per le orecchie, e pazienza per qualche incursione nel plateale, concessione al pubblico (ma ci stava) che infatti ha saluto direttore e orchestra con lunghi e protratti applausi.

In precedenza si era ascoltato, nell’interpretazione di lusso del virtuoso Benedetto Lupo, il pianistico «Concerto in sol minore op. 33» di Dvořák. Che, al contrario di quello per violoncello, non è affatto un capolavoro, occorre ammetterlo a chiare lettere, e infatti non ha mai raggiunto la fama di opere come il «Concerto» di Grieg o quello di Schumann. Tutte le volte che lo si ascolta (già così era accaduto in Rai, dove non riappariva dal 1999 con Oppitz), vien da pensare che gli manca l’idiomaticità di qui temi tipici dello Dvořák migliore: la nostalgia ed il piglio popolare di spunti come si trovano nell’«Ottava Sinfonia», nella notissima «Nona ‘dal Nuovo Mondo’», ma anche in certe pieghe delle Dumke di opere cameristiche. Qui si stenta a riconoscere l’autore e spesso il «Concerto» dilaga tra virtuosistici passi ‘à la manière de Liszt’ e raccordi non sempre felici. Lupo, che pure è un pianista di prima grandezza, ha fatto del suo meglio per attenuarne i difetti: tecnica sicura ed anche molta eleganza, virtuosismo da vendere, bellissime sonorità e infatti gli applausi sono fioccati copiosi al termine di un’esecuzione di ottimo livello, alla quale Lupo ha risposto con un delizioso Schumann («Des Abends», il mirifico n° 1 dai «Phantasiestücke op. 12») eseguito con tocco raffinatissimo, stupendo cantabile e grande eleganza (e già la sera prima aveva regalato al pubblico un altro Schumann).
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