
Lo dicono le statistiche: in Italia la partecipazione femminile al mondo del lavoro resta tra le più basse d’Europa, in particolare quando si parla di vertici decisionali e creativi
di Luca Pavanel
Chissà come è la situazione nella musica. Forse nessuno si è mai preso la briga di condurre una ricerca. Forse. Sta di fatto che seppur piccola, una “variazione sul tema” (si lasci passare la battuta nella battuta, ops) sembrerebbe esserci stata nel ramo che qui interessa, e in positivo. Qualche esempio?
La primavera scorsa è salita sul podio scaligero la finlandese Susanna Mälkki per dirigere pagine del compositore Luca Francesconi; era la prima volta che una “direttora” si cimentava su quel palco con una partitura contemporanea. All’Auditorium di Milano/Orchestra Verdi, l’incarico di direttore musicale è stato affidato alla cinese Xian Zhang, classe ’73. Stop alla politica dei campanili,

largo ai giovani di ogni dove. Dulcis in fundo, il Maggio Fiorentino ha commissionato un’opera a una giovane (non era mai successo). Al secolo Silvia Colasanti, è una stimata compositrice romana che ultimamente fa parlare di sé per la sua nuova incisione “In-canto”. Nel primo brano, “Il Canto di Atropo”, l’autrice, attraverso una melodia trasfigurata da un violino che definire lirico è poco, affronta niente meno che il tema della morte.
Tre storie, qualche esempio, potrebbe bastare. Per dire che gli ambienti musicali italiani si sono aperti di più verso “l’altra metà del cielo”: ruoli, occasioni, commissioni, opere eseguite e così via… Questo per stessa ammissione delle protagoniste, da chi si accinge ad affrontare la jungla del mercato a chi ora è sulla breccia. Certo, le signore lamentano la mancanza di una vera parità, ma riconoscono un miglioramento del clima generale: della serie “qui non è ancora come in altri Paesi europei, ma gli spazi aumentano”.
Fino a qualche anno fa l’antifona era diversa. “La torta se la dividevano i signori maestri – spiegano – e fare passi avanti era un percorso di guerra ”. Dopodiché c’era e c’è il fattore numerico. I nomi rosa risultano ancora pochi sui cartelloni (si parla sempre di chi scrive e non di chi la interpreta), perché ai corsi di composizione, tradizionalmente, si sono sempre di più iscritti studenti di genere maschile. Per cui: solo qualche studentessa in aula, alla fine poche compositrici.
Infine una questione che angustia qualche signora della musica e poi, la “madre” di tutte le domande. Guai, nei festival, mettere nei programmi l’“Angolo della donna”: la risposta è trita e ri-trita ma sempre provocatoria: “Non siamo Panda in estinzione!!!”, è la protesta. Nelle kermesse come in tutto il resto della vita – è il sentimento comune – certe distinzioni ormai hanno il sapore della banalità e dell’arcaico, per non dir di peggio. Ed è come quando si parla di “musica al femminile” e di “brani maschili” (l’ultima questione): il gentil sesso scriverebbe “melodico, dolce, frivolo” e il sesso forte “ritmico, aggressivo, violento”. Mah, parliamone…
Luca Pavanel