Opera • In scena al Teatro Verdi l’opera di Britten. Produzione a tre, in collaborazione con Hrvatsko Narodno Kazalište di Spalato e la Fundación Cultural Artemus di Madrid. Regia di Nenad Glavan, direzione musicale di Ryuichiro Sonoda
di Luisa Antoni
Un’opera drammaticamente intensa, formata da diversi strati narrativi, un’opera che tratta un tema scomodo, calato nel periodo storico dell’imperatore Lucio Tarquinio, meglio conosciuto come Tarquinio il Superbo, periodo che vide la cacciata dei re da Roma e l’inizio della repubblica con il progressivo allargamento dei domini romani alle diverse sponde del Mediterraneo, allargamento di cui rimangono ancor oggi le vestigia che nella più palese delle forme sono rappresentate dai numerosi anfiteatri che costellano le coste del Mediterraneo. Ciò ha fatto decidere al 36enne regista spalatino Nenad Glavan di mettere “al centro della scena il potere, che geometricamente di solito si presenta in forma di semicerchio: di un anfiteatro, di un parlamento o di un tribunale. Un semicerchio rispecchiato nel suo opposto è ancora una volta un cerchio. Vizioso? Di disperazione? Di speranza? …”.
La scena si crea e si disfa davanti ai nostri occhi, portata a mano, passando dall’anfiteatro semicircolare al cerchio, enfatizzato ulteriormente dall’utilizzo di una webcam, messa verticalmente sopra il palcoscenico, che permette anche al pubblico di vedere secondo due prospettive, quella orizzontale e quella verticale, proiettata quest’ultima su un semicerchio messo al fondo della scena. Glavan, che oltre ad essere il regista è anche l’autore delle scene, ha poi utilizzato la webcam anche per farci vedere i primi piani dei due cori, interpretati da Alexander Kröner, quello maschile, e Katarzyna Medlarska, quello femminile, che nella dinamica dell’opera fungono da commento all’azione e che concludono l’opera nel proscenio con un sipario nero dietro alle spalle in un epilogo fortemente caratterizzato da sentimenti cristiani. Pensata come un’opera da camera The rape mostra l’estrema duttilità e notevole inventiva di Britten soprattutto nelle scelte di orchestrazione che si realizzano in soluzioni anche inaspettate (come quella di utilizzare il pianoforte come accompagnamento in una specie di recitativo secco, secondo l’ispirazione barocca; oppure quella di usare i timbri del flauto basso e il clarinetto basso creando una atmosfera morbida, notturna; oppure nella fusione del suono dell’arpa con i glissati del contrabbasso a significare i suoni della natura; oppure nell’utilizzo dell’omogeneità di timbri della sezione dei fiati che non è di facile realizzazione, come ci ha dimostrato proprio l’interpretazione triestina dei membri dell’Orchestra del Teatro Verdi, diretti dal giapponese Ryuichiro Sonoda).
Per la scena cruciale dello stupro di Lucrezia (anche se negli anni passati il termine inglese è stato falsamente pietisticamente tradotto con ratto in realtà il suo significato è esattamente stupro, significato che Britten non voleva assolutamente nascondere o ammorbidire) il regista – di concerto con l’étoile del balletto croato Almira Osmanović che ha curato le coreografie – ha deciso di utilizzare un gruppo di giovani ballerini croati (Jerko Cvitanović, Luka Kivela, Gianluca De Pol, Toni Dorotić, Luka Crnošija, Viktor Jakovčević) che non provengono dal mondo classico e che, come ci ha detto la Osmanović, hanno una corporeità diversa meno stilizzata. La scena cruciale dello stupro è stata pensata per loro e per la partecipazione attiva di Sara Galli nel ruolo di Lucrezia che si è dimostrata essere un’artista a tutto tondo sia dal punto di vista vocale che attoriale. A completare il gruppo di lavoro intorno a Glavan Teresa Acone per i costumi e Srđan Barbarić per le luci, nel cast vocale Carlo Agostini nel ruolo di Tarquinio, Marijo Krnić come Collatino, Gianpiero Ruggeri come Giunio, Dijana Hilje, Bianca, Nuria Garcia Arres, Lucia. Da sottolineare inoltre che l’allestimento è frutto di una importante partnership culturale di respiro europeo che vede riunite nello stesso progetto la Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste, il Hrvatsko Narodno Kazalište di Spalato e la Fundación Cultural Artemus di Madrid. Un pubblico triestino, notoriamente reazionario e poco incline alle sperimentazioni, frastornato da tutte queste novità (non ultima quella della collaborazione con un teatro dell’area del’ex-Jugoslavia) ha reagito con un applauso poco più che caloroso ad una produzione che si sarebbe meritata molto di più e che alla sua prima messa in scena a Spalato ha segnato il tutto esaurito.
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Contributi video di Luisa Antoni per Telegiornale di RTV Koper Capodistria
Intervista al regista Nenad Glavan (minuto 16. 13)
Immagini dalla prima (minuto 11.32)
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