di Attilio Piovano
Che si sarebbe trattato di un concerto d’eccezione, davvero memorabile lo si è compreso fin dalle battute d’esordio della weberiana Ouverture da Oberon, affrontata con un’intensità e al tempo stesso con una souplesse indicibili dalla blasonata Bayerisches Staatsorchester, per la direzione del fuoriclasse Vladimir Jurowski: la sera di giovedì 30 maggio 2024, a Torino, presso l’Auditorium ‘Agnelli’. Ed è stata una festosa e acclamata conclusione di stagione per i concerti di Lingotto Musica, a due soli giorni dalla presentazione del ricco cartellone per il 2024-25.
La sinfonica bavarese, forte dei suoi cinquecento anni di storia (diconsi cinquecento), ha un suono di indicibile bellezza. La perfezione assoluta di tutte le sue ottime prime parti è proverbiale. Ottoni dal suono duttile e incisivo, una pasta degli archi da fare invidia, legni meravigliosi e via elencando. Jurowski – che ne è il direttore musicale generale dal 2021– dopo aver centellinato, con estrema cura e attenzione alle dinamiche e ai fraseggi, l’Adagio dell’Ouverture, si è poi fiondato con una energetica vitalità nel mercuriale e vibrante Allegro con fuoco, restituendo tutta la freschezza e bellezza, timbrica, melodica e armonica di questo vero e proprio capolavoro di un Weber purtroppo già minato dalla malattia mortale.
Una superba ‘lezione di stile’ quella offerta da Jurowski alla guida della ‘sua’ orchestra che risponde docile al suo gesto ampio e sempre efficace, invariabilmente funzionale al suono desiderato, un’orchestra che risponde come un’auto perfettamente messa a punto che sale di giri e prende velocità con la rapidità consentita da un cambio sequenziale di ultima generazione. E allora ecco il vorticoso Finale e la trascinante verve della pagina resi al meglio, non meno di certi tratti leggiadri improntati a quella leggerezza talora onirica e fantasiosa che dell’Ouverture sono la vera essenza. E subito gli applausi sono fioccati copiosi da parte di una platea entro la quale ancora una volta fa piacere rilevare la presenza di numerosi giovani e giovanissimi: il vero futuro del pubblico, sul quale Lingotto Musica giustamente investe molto in termine di progetti e formazione.
Il coronamento della serata con la luminescente e altisonante Sinfonia ‘Renana’ di Schumann che l’Orchestra della Baviera deve avere profondamente radicata nel proprio dna, e lo si intuisce fin dall’attacco. Ottoni magnifici e squillanti, mai sopra le righe e non si sapeva se ammirare maggiormente la varietà e bellezza timbrica o l’esattezza cartesiana, la ‘pulizia’ indicibile dell’intera compagine, o la sua coesione che è davvero raro raggiunga livelli così elevati. Dello Scherzo Jurowski ha ben colto il carattere bonario e la sottile, talora anche ironica, bonomia, con quelle frasi ampie e le interiezioni staccate. Così come è emerso al meglio il carattere intimo e, verrebbe da dire, Biedermeier del movimento lento, quasi ritratto di un interno borghese, un ripiegamento in una dimensione interiore, intimista. Poi la bellezza severa e ieratica del celeberrimo movimento volto a restituire l’immagine del Duomo di Colonia, per ammissione di Schumann stesso, con il colore brunito degli ottoni a rievocare sonorità quasi gabrieliane e le frasi solenni e nel contempo processionali degli archi. Da ultimo, giustamente senza interrompere il flusso sinfonico, ecco sgorgare la fluente scioltezza del Finale che pare uno scarico di tensione, una vera boccata d’aria dopo il senso lievemente claustrofobico di un interno di cattedrale intrisa di ori e incenso, Finale del quale Jurowski ha saputo cogliere tutta la brillantezza e lo spessore sinfonico.
Applausi scroscianti e un vero e proprio trionfo. Al quale Jurowski e l’Orchestra hanno risposto con un’interpretazione al fulmicotone della mozartiana Ouverture da Zauberflöte. E allora, quanta bellezza nell’esordio, con i celeberrimi e simbolici tre accordi poi ripresi prima dello sviluppo, ma soprattutto che esattezza ritmica nel fugato sul tema che Wolfgang, si sa, saccheggiò al rivale Clementi, facendone un capolavoro di maestria, in bilico tra contrappunto e forma-sonata. Raramente è accaduto di ascoltare la pagina provando così tanta emozione e gioia fisica (oltre che intellettuale, beninteso). Un concerto davvero memorabile del quale a lungo conserveremo graditissimo ricordo, in attesa che la sera del 18 ottobre s’inauguri la prossima stagione con la Ndr Elbphilharmonie Orchester diretta da Gilbert e un programma che abbina Rachmaninov a Čajkovskij.
A centro serata la Bayerisches e Jurowski hanno eseguito altresì il beethoveniano Quinto concerto per pianoforte e orchestra, il mitico ‘Imperatore’ anch’esso nella maestosa tonalità di mi bemolle maggiore come Renana e Ouverture del Flauto Magico. Molto bene, per la parte orchestrale, qualche legittima perplessità, invece, anche da parte del pubblico, a dire il vero, per le bizzarre eccentricità del solista Alexander Melnikov, che ha poi confermato il suo ‘singolare’ sentire nel bis schumanniano (Träumerei).