Un concerto di nicchia in un luogo di nicchia, il “Concerto per un centenario. Improvvisamente Nono” si è svolto preso lo Spazio Franco dei Cantieri Culturali alla Zisa, a Palermo.
Lo Spazio Franco è un laboratorio per la creazione contemporanea, uno spazio artistico e culturale, sede operativa dell’associazione culturale Babel, nato per sostenere gli artisti attraverso residenze artistiche, rassegne, festival e formazione. Il concerto, inserito all’interno della XXXIII Stagione Concertistica dell’Associazione Kandinskij, che ne ha curato l’organizzazione, ha portato nel capoluogo siciliano tre performer di fama internazionale: la cantante Monica Benvenuti, il compositore, trombonista e tubista Giancarlo Schiaffini e il compositore e regista del suono, nonché direttore del Centro di ricerca produzione e didattica musicale Tempo Reale di Firenze, Francesco Giomi. I tre interpreti hanno presentato tre composizioni di Nono, La fabbrica illuminata per soprano e nastro magnetico a quattro piste del 1964, Omaggio a Emilio Vedova per nastro magnetico a quattro piste del 1960 e Post-Prae-Ludium N. 1 per Donau per tuba e live electronics del 1987. In conclusione, gli artisti hanno eseguito Improvvisamente (2024), una improvvisazione per voce, tuba e live electronics.
La prima riflessione dopo aver assistito a questa breve ma intensa rappresentazione è quella sulla eccezionale attualità delle composizioni di Nono, che dopo oltre sessant’anni non perdono di valore dal punto di vista sonoro, nonostante l’approccio tecnologico obsoleto, proponendo una escursione emotiva profonda e lacerante. La fabbrica illuminata composta con la collaborazione e su testi di Giuliano Sabia con un frammento di Due poesie di Cesare Pavese, risale al maggio 1964, quando i due autori in compagnia del tecnico dello Studio di Fonologia della RAI di Milano, Marino Zuccheri, si recarono nello stabilimento genovese dell’Italsider per raccogliere materiale sulle condizioni di vita e di lavoro degli operai. Le voci registrate degli operai impegnati nella produzione dell’acciaio, insieme alle pubblicazioni sindacali raccolte da Scabia, hanno dato lo spunto per il testo letterario, mentre la musica ha unito diverse fonti sonore: dalle registrazioni del coro della Rai di Milano diretto da Giulio Bertola, alle improvvisazioni del mezzosoprano Carla Henius trasformati poi da Nono in studio. I quattro episodi della composizione si fondono tra di loro e l’elaborazione elettronica dei suoni e dei rumori spesso non permette di distinguerli. Monica Benvenuti si inserisce in questo contesto amalgamando la sua parte con l’elettronica in un dialogo sentito e coinvolgente: la voce presenta una espressività intensa e una continua ricerca sonora.
La seconda composizione Omaggio a Emilio Vedova, presentata egregiamente da Francesco Giomi e Giovanni Magaglio (insieme a Giomi alla regia del suono e al live electronics), risale al periodo precedente rispetto La fabbrica, anni in cui Nono aveva da poco iniziato la sperimentazione elettronica. L’opera costruita solo con i suoni di sintesi, è il risultato di un approccio maturato dopo qualche prova destinata a fallire. Nono lavora su un materiale prefissato dal quale trae ispirazione per una elaborazione estemporanea. Non a caso, infatti, l’omaggio al pittore veneto si riferisce più al procedimento pittorico che alla pittura in sé.
Il Post-prae-ludium n. 1 per Donau nasce oltre vent’anni dopo dalla collaborazione di Nono con Giancarlo Schiaffini, e a lui è dedicato. La possibilità di sentirlo eseguito per come lo ha concepito l’autore è senza dubbio un privilegio. All’epoca Nono era affascinato dalla capacità di Schiaffini, e insieme a lui del flautista Fabbriciani e del clarinettista Scarponi, di produrre suoni privi di armonici: l’incontro tra il live electronics e i suoni prodotti dal vivo trasformati al momento dall’elettronica stupisce ancora oggi per l’effetto sonoro prodotto. Nono fissò una sorta di canovaccio del brano, lasciando all’interprete la creazione della performance. Schiaffini ci porta in un viaggio intimo, quasi interiore, con dei suoni che nascono e si esauriscono all’istante, giocando con grande maestria con l’elettronica di Giomi e con il silenzio. Lo strumento non invade mai lo spazio sonoro dell’esecuzione, mentre Giomi osa e convince con interventi di varia intensità. Il concerto si conclude con una improvvisazione a tre tra la cantante, il tubista e il tecnico, interessante e ben condotta, mantenendo lo spirito dell’intero concerto.