
Recensione • Interpretazione sublime e rigorosa della Nona sinfonia di Mahler in occasione della chiusura delle “Settimane Musicali” con la Gewandhausorchester
di Francesca Aste
[LA] sapiente conduzione di Riccardo Chailly e l’eccezionale levatura della Gewandhausorchester hanno fatto rivivere a Dobbiaco anche quest’anno la Nona sinfonia di Gustav Mahler. Il concerto di martedì 27 agosto ha concluso il cartellone delle “Settimane Musicali” e ha inaugurato l’Alto Adige Festival che proseguirà fino al 22 settembre. Mahler compose la Nona Sinfonia nell’estate del 1909, tra le spartane pareti della casetta di legno che il compositore si era fatto costruire al margine del bosco, lontano dalle distrazioni e dai rumori della cittadina sudtirolese. Sinfonia dal possente organico orchestrale, si pensi solo ai dieci contrabbassi e ben cinque percussionisti, possiede la vastità di proporzioni e la profondità di sguardo proprie del paesaggio naturale in cui è stata composta. La direzione essenziale e rigorosa di Riccardo Chailly poco indugia in dilatazioni agogiche di stampo romantico privilegiando una scansione quasi inflessibile del tempo. Tutta l’espressività si concentra sulla ricerca timbrica dell’orchestra che cesella lo spessore di ogni passaggio e restituisce la profondità della partitura mahleriana.
Il celebre direttore italiano è dal 2005 il diciannovesimo Kapellmeister della Gewandhausorchester di Lipsia, attiva ininterrottamente dal 1743. L’orchestra di Lipsia ha dato prova di magistrale bravura sia nei numerosi momenti virtuosistici, come il celebre passaggio a due voci tra il flauto e il corno del Primo tempo, o l’attacco vorticoso e affilato degli ottoni all’inizio del Terzo tempo, sia nella delicatezza degli impasti che rivela un lungo e raffinato lavoro di insieme. L’antischematismo della Nona sinfonia pone i due tempi lenti in apertura e chiusura, congedandoci con un Adagio straziante. Grande la commozione in sala, nell’estenuante prolungarsi nello spegnersi della sinfonia: il finale esita a concludere, attraverso la tecnica della variante mahleriana portata al vertice della sua complessità, il lungo sguardo malinconico di un presente infranto rivolto a un passato perduto e irrecuperabile.
Mahler aveva appena lasciato l’incarico di direzione dell’opera di Vienna per una lontanissima New York, dove compirà solo due stagioni, prima della morte. Nel lungo sguardo che domina il diradarsi infinito dell’ultimo tempo della Nona, si conclude anche il tempo di Mahler e dell’Austria felix, l’angoscia irrompe nella sua vita privata, e fosche nubi si addensano sull’Europa pervasa da tensioni antisemite e in corsa verso la guerra: “il sole è tramontato dietro al montagna”.
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