Il caso Pereira: il conflitto di interessi, la scarsissima trasparenza del Sindaco Pisapia, il ruolo dei Sindacati, l’Expo. Proprio non era possibile pensare a soluzioni alternative prima di giungere ad un compromesso (forse) politico che riconferma il neo sovrintendente fino al 2015? Ecco la ricostruzione, i retroscena e le valutazioni dell’intricato affaire
di Anna Maria Morazzoni
DA QUASI DUE ANNI MILANO sta vivendo un rapporto travagliato con la Scala, il teatro che nella storia ha rispecchiato l’identità della città e che dovrebbe tuttora corrispondervi (come in ogni città, almeno in Italia).
Nell’ottobre 2012 l’annuncio che Stéphane Lissner, sovrintendente in Scala dal 2005, avrebbe diretto l’Opéra di Parigi dall’ottobre 2014 (in Francia il Presidente della Repubblica, cui spetta la nomina, provvede per tempo) fu accolto favorevolmente: negli ultimi anni la programmazione aveva scontentato molti, in particolare per la scarsa sintonia con il repertorio italiano; inoltre, la stagione del bicentenario Verdi/Wagner aveva privilegiato il compositore tedesco, ottimamente diretto da Barenboim, rispetto agli allestimenti verdiani spesso troppo modesti. Si sollevarono polemiche anche sul compenso di Lissner, considerato stratosferico in tempi di crisi e non toccato dalla spending review attuata dall’Amministrazione Pisapia.
Nonostante le reiterate sollecitazioni a scegliere velocemente il successore per tutelare il Teatro, anche da eventuali conflitti di interesse del sovrintendente uscente, non si mosse nulla fino al 26 aprile 2013, quando il CdA della Scala imboccò una strada inedita, mai percorsa da alcuna Fondazione lirica e da alcuna istituzione per la scelta del ruolo apicale: un bando per la manifestazione di interesse ad assumere la carica di sovrintendente, con un avviso pubblico non vincolante per il CdA che garantiva la massima riservatezza ai candidati. Finalmente, il CdA del 4 giugno 2013 scelse all’unanimità Alexander Pereira come nuovo sovrintendente e il Sindaco lo definì “la persona che riteniamo più adatta per valorizzare il nostro gioiello”.
Dopo avere diretto per vent’anni l’Opernhaus di Zurigo, avervi realizzato alcune produzioni eccellenti e averne risanato il bilancio tagliando i costi e incrementando considerevolmente i contributi degli sponsor (insieme alle proprie finanze, grazie a un contratto che gli riconosceva il 5% delle somme ottenute), nel 2011 Pereira fu chiamato a Salisburgo dove sarebbe dovuto restare fino al 2016 (per concludere così la sua carriera), ma entrò presto in rotta di collisione con il Kuratorium locale che sollevava obiezioni di bilancio. Tuttavia, giunse alla Scala accompagnato dalla fama di grande fund raiser.
Al momento della sua nomina non fu affrontata la questione del doppio incarico (sovrintendente e direttore artistico) e sfumò la speranza di vedere finalmente sanata questa imbarazzante anomalia – creata con Lissner nell’urgenza del 2005, ai tempi della “revoca” del Sovrintendente Carlo Fontana, quando i lavoratori costrinsero Riccardo Muti alle dimissioni, probabilmente con l’ingerenza di qualche personaggio ancora presente nel CdA – con la corretta e consueta divisione dei compiti (e dei relativi emolumenti). Così, dopo le dimissioni anticipate di Daniel Barenboim da direttore musicale a fine ottobre 2013, fu Pereira a chiamare e presentare Riccardo Chailly il 16 dicembre: nuovo direttore dell’orchestra scaligera dal 2017 al 2022 e direttore principale dal gennaio 2015, nell’anno di Expo.
L’incarico di Pereira inizia con la fine del mandato di Lissner, dunque l’1 ottobre 2014 e, nel frattempo, gli è stata affidata una consulenza che gli permette di lavorare in Scala. Pur con una libertà d’azione limitata, nel settembre 2013 Pereira inviò “lettere d’intenti” a Salisburgo per i diritti di alcune opere (quante e per quanto è rimasto incerto) da allestire in Scala fino al 2017: sostanzialmente una compravendita da se stesso, vendendo come Intendant e acquistando come futuro Sovrintendente scaligero – come ha sintetizzato Maurizio Crozza nella sua trasmissione di venerdì 23 maggio, rendendo noto a tutta Italia il “caso Pereira” che fino a quel momento aveva scosso soprattutto i milanesi, insieme con i melomani di tutto il mondo.
Il tormentone è scoppiato all’inizio di aprile quando la stampa austriaca ne diede notizia e quella americana lo riprese subito. Il Sindaco di Milano e Presidente del Teatro dichiarò, sorprendentemente, di averlo appreso dai giornali e cominciò a prendere tempo, invece di compiere subito una scelta difficile e coraggiosa pro o contro Pereira. Sin dalla riunione del CdA del 14 aprile, ogni decisione fu procrastinata per una cautela che a molti parve eccessiva e con fragili motivazioni ufficiali: per poter inviare una relazione richiesta dal Ministero (che poi semplicemente gli ha rilanciato la palla), per disporre delle traduzioni di documenti in tedesco, per avere il parere di un giuslavorista (non divulgato), per permettere ai membri del CdA di riflettere (forse insieme con i rispettivi referenti politici). Si parlava anche del possibile abbandono del nuovo incarico da parte del Maestro Chailly, come pure di note spese eccessive presentate da Pereira, un argomento sul quale è calato il silenzio.
La decisione finale è un compromesso (politico?): come riportato da molteplici fonti giornalistiche, Pereira riceve una diffida formale e il suo contratto scadrà già il 31 dicembre 2015. «E adesso vediamo se Pereira accetterà», concludeva Pisapia nella conferenza stampa che annunciava questa soluzione “all’italiana”. «Ma sì che resto alla Scala. Abbiamo trovato un compromesso accettabile per tutti. Del resto, sono stato io a proporlo al sindaco stamattina [15 maggio]. Milano avrà una stagione dell’Expo all’altezza. Spero che in questo anno potrò dare la prova ai signori del Consiglio d’amministrazione che non sono un asino». Con queste frasi Pereira commentava la sua conferma “sotto condizione” fino al dicembre 2015, rivelando di avere avuto un ruolo nella decisione – finale e provvisoria insieme.
Dall’imbarazzo del Sindaco, che si adombra al primo cenno alla questione, traspare che qualcosa non va, in primo luogo la scarsa (nulla) trasparenza sull’intera operazione che ha danneggiato l’immagine internazionale del Teatro, poi l’elusione della questione principale: il comportamento di Pereira è corretto o no? Il Sindaco avvocato non ha risposto a questa domanda da avvocati, non ha chiarito se la Scala sarà guidata (anche temporaneamente) da una persona fedele o meno all’istituzione. La sua preoccupazione principale è quella di avere un sovrintendente per la stagione targata Expo, nonostante tutto, ma sarebbe stato davvero impossibile trovare una personalità che godesse di piena fiducia prima del 2015?
Lissner aveva da tempo preparato la prossima stagione, l’aveva presentata internamente (ed era stata preannunciata sui quotidiani) e aveva convocato la conferenza stampa per il 15 maggio; tuttavia, già intorno a Pasqua, alle prime avvisaglie del “caso”, aveva fermato l’invio degli inviti. Ora si prende ancora tempo, per rimaneggiare la programmazione già predisposta in funzione delle scelte e degli impegni assunti dal sovrintendente in pectore, la data della conferenza stampa non è ancora nota e il botteghino non può ancora avviare la vendita degli abbonamenti. Dunque, il sovrintendente uscente subisce uno smacco, quello in entrata fa una falsa partenza e la città ne soffre insieme con il suo Teatro.
Da qui a fine settembre, in cinque mesi, non era proprio possibile identificare una personalità di prestigio adatta a dirigere la Scala? Inoltre, ci si chiede perché non si sia percorsa la soluzione più indolore, cioè cinque mesi di gestione interna affidandosi alle solide professionalità presenti in Teatro, fino alla scadenza naturale del Consiglio di Amministrazione a fine anno, per lasciare al nuovo CdA la scelta della terna da sottoporre al Ministro per la nomina (come prevede il decreto Bray). Una nomina legittimata da un CdA appena insediato – dove auspicabilmente non siederanno più quei membri ora indagati dalla magistratura – avrebbe tutt’altro valore!
In questo lungo e brutto periodo, la cautela ha riguardato anche i sindacati: poco clamore e qualche preoccupazione (una situazione ben diversa dal 2005), nonostante i disagi nello staff del Teatro indotti dall’ambiguità della situazione e dallo “stile Pereira”. Ora i sindacati esercitano pressioni per spuntare vantaggi economici e organizzativi – con prevedibile lievitazione dei costi; hanno dalla loro parte il fatto che il Sindaco si gioca la rielezione con l’esito di Expo e non può permettersi neppure un giorno di sciopero, neppure il salto di una sola recita nei mesi della manifestazione. Dunque, la pace sindacale è indispensabile, ma quali promesse si possono formulare prima di conoscere le risorse economiche di cui disporrà il Teatro, FUS in primis? Quali impegni avrà preso il Sindaco con i sindacati nell’incontro del 25 maggio? E che cosa può promettere il prossimo sovrintendente alla CGIL che a suo tempo fece ricorso contro il nuovo Statuto che stabiliva l’autonomia della Scala e allargava i suoi stessi poteri decisionali? La CGIL vinse il ricorso il 6 giugno 2013 nei giorni dell’annuncio dell’incarico a Pereira. Forse si conta sulle sponsorizzazioni promesse per mantenere il pareggio di bilancio realizzato nei nove esercizi precedenti con qualche sforzo e anche qualche rinuncia da parte dei dipendenti… ma l’esperienza dovrebbe insegnare a guardarsi dalle affermazioni di Pereira.
Per i tanti, milanesi e non, che frequentano la Scala per amore della musica e che considerano le sorti del “loro” teatro unite a doppio filo alle sorti della città, le vicende qui riassunte comportano amarezza: è troppo chiedere di potersi concentrare e confrontare su scelte e risultati artistici piuttosto che su beghe di gestione? Ma i membri del CdA, che varano la programmazione, non sono musicisti o musicologi…