di Gianluigi Mattietti
Opera fantastica, rappresentata per la prima volta al Mariinskij nel 1982, ma raramente eseguita al di fuori della Russia, La fanciulla di neve (Sneguročka) descrive in forma allegorica la trasformazione dall’inverno alla primavera, con il sacrificio di una fanciulla mitologica, cresciuta in una foresta gelata, desiderosa di fare parte del mondo umano, alla fine sciolta dai raggi del sole (e da quelli dell’amore) come vittima sacrificale.
Così si celebra la fine dell’inverno, secondo una simbologia del ciclo della natura che riprende fedelmente l’omonimo dramma di Aleksandr Ostrovskij, dal quale è ricavato il libretto, e per il quale Čajkovskij aveva composto, otto anni prima, le musiche di scena. Di questa «fiaba primaverile» dalle accese tinte folkloriche, che richiama da un lato le varie Ondine e Rusalke dalla storia dell’opera, e dall’altro sembra anticipare il Sacre di Stravinskij (allievo prediletto di Rimskij-Korsakov), esistono già sei incisioni. Questa è però la prima edizione in video, filmata dal vivo all’Opéra Bastille nel 2017, con la geniale regia di Dmitrij Černjakov, che dimostra un particolare feeling con le opere di Rimskij-Korsakov, essendo stato premiato già nel 2002 con la Golden Mask per La leggenda dell’invisibile città di Kitež, e avendo vinto nel 2021 l’International Opera Award per La fiaba dello zar Saltan, messa in scena a La Monnaie. Come sempre, la sua regia modifica l’ambientazione originale, ma seguendo una rigorosa logica teatrale e musicale. Il regno fiabesco e panteistico dello zar Berendeij si trasforma in una comunità new-age, insediata in un boschetto con bungalow e roulottes, popolata da hippy in abiti un po’ moderni un po’ folk: «Una comunità conosciuta come Berendeij – è l’idea del regista – si riunisce ai giorni nostri per ricreare lo stile di vita arcaico dei loro antenati slavi». È dunque un presente che assomiglia al passato, con riti pagani e ingredienti tipici della fiaba tradizionale russa, ma capaci di evocare anche, con sottile ironia, i fanatismi e gli integralismi di nuove forme comunitarie che spesso si risolvono in tragedia, in vicende di abusi e di violenze.
Ma la regìa di Černjakov appare davvero polisemica perché richiama anche atmosfere boschive e notturne tipicamente operistiche, dal finale delle Nozze di Figaro a quello di Falstaff, e non rinuncia alla dimensione più schiettamente popolare, facendo rivivere feste di primavera, con fanciulle e fanciulli nudi e coronati di fiori, cori inneggianti al sole, scene spettacolari e ricche di colori. Černjakov riesce anche a umanizzare profondamente questo mondo fiabesco e un po’ stereotipato, facendo emergere l’erotismo, la passione la gelosia che ribollono sotto la superficie fiabesca: cosicché Sneguročka, dopo avere ascoltato le canzoni del pastore Lel’, ne coglie l’animo poetico, se ne innamora, e resta innamorata di lui fino alla fine, consegnando proprio a lui le sue ultime parole d’amore, e non a Mizgir’, che invece appare come un burbero mercante, incapace di espressioni poetiche. Tutti cantanti sono calati molto bene in questa nuova versione, hippy e sentimentale, dei rispettivi personaggi: a partire da Aida Garifullina, che incarna benissimo la fanciulla timida, dall’aspetto insieme sensuale e fragile, spaurita in mezzo agli umani, ma dotata di una voce dalla purezza cristallina, ricca di fremiti, che rendono il senso del suo inspiegabile desiderio, con acuti sicuri e perfetti suoni filati. Il ruolo del pastore Lel’, di solito affidato a un contralto, qui è invece magnificamente sostenuto dal controtenore Yuriy Mynenko, hippy dai lunghi capelli biondi, che incanta con la sua voce morbida e potente e con un elegante fraseggio. Ottima anche la prova di Martina Serafin nei panni della ricca Kupava, gelosa, appassionata, dalla voce copiosa, isterica al punto giusto. Il tenore Maxim Paster affronta con grande sicurezza la difficile parte dello zar Berendeij, benevolo capo della comunità. Thomas Johannes Mayer rende bene il carattere cupo e poco empatico di Mizgir’, che alla fine se ne va indispettito più che votato al suicidio. Sul podio, Mikhail Tatarnikov tiene insieme la variopinta compagnia con grande musicalità e ritmo drammatico, estraendo sonorità brillanti dall’Orchestra dell’Opera di Parigi, sottolineando sempre con finezza temi popolari, canzoni e danze, che innervano tutta la partitura.
Nikolay Rimsky-Korsakov, La fanciulla di neve
Interpreti: Aida Garifullina, Yuriy Mynenko, Martina Serafin, Maxim Paster, Thomas Johannes Mayer
Orchestra dell’Opera Nazionale di Parigi diretta da Mikhail Tatarnikov
Regia di Dmitrij Černjakov
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