di Luca Chierici
L’ingresso del Porpora prolifico autore di melodrammi alla Scala è una felicissima novità, anche se il suo nome era stato onorato da Muti in una esecuzione del Salve Regina e qualcosa di strumentale era apparso in tempi relativamente recenti con Dantone.
Di Porpora si era ovviamente occupato il Festival della Valle d’Itria con L’angelica e l’Orfeo ma dobbiamo andare all’estero per ascoltare preziose esecuzioni di titoli quali la Semiramide riconosciuta, il Polifemo o l’Arianna in Nasso, per non parlare di singoli estratti presentati da cantanti famosi come la Bartoli e ovviamente dalle star presenti nel cast dell’altra sera
Di trionfo del teatro barocco e del canto dei controtenori si può veramente parlare per questo Carlo il calvo (1738), il cui soggetto si può tranquillamente, se non proprio ignorare, almeno porre in secondo piano rispetto alle emozioni che provengono da una musica sempre piena di immaginazione, fiorita da virtuosismi da capogiro – non dimentichiamo i rapporti tra Porpora e il Farinelli – e spesso sconfinante in apporti melodiosi raffinatissimi. Oltre tre ore di musica, eseguita in forma di concerto, non pesano affatto in questi ascolti dove la componente dei recitativi è tutto sommato molto limitata e pur sempre di piacevole ricezione. Le arie tripartite con il da capo (dove le variazioni sono in parte dovute all’abilità dei cantanti) si snodano lungo tutto il percorso con la giusta ripartizione tra i ruoli e culminando in un duetto nell’atto terzo tra Adalgiso e Gildippe che rimane tra le cose più belle dell’opera. Ma tutti i momenti dedicati ai protagonisti sono di fattura squisita e vengono resi ancor più pervasivi dalla bravura dei cantanti e dalla loro consuetudine con questo tipo di scrittura diciamo così “inventiva”.
Si è in imbarazzo sia nell’indicare i momenti più interessanti dell’opera che nello scegliere tra i protagonisti i nomi che hanno maggiormente colpito l’uditorio. Spiccavano innanzitutto Franco Fagioli (Adalgiso) e Julia Lezhneva (Gildippe) che nelle loro arie hanno dato prova di una rara commistione tra virtuosismo e poesia. Fagioli unisce a queste doti anche la capacità di operare veri e propri miracoli come ha dimostrato di fare in più di un momento dove la scrittura lo costringeva a perigliosi e improvvisi salti di registro. Accanto a loro la consumata arte di Max Emanuel Cencic dava voce al ruolo di Lottario e il giovane ma già noto Dennis Orellana porgeva la sua fresca voce al personaggio di Berardo. Ma non si potrebbe certamente tacere della Giuditta di Suzanne Jerosme, dell’Edvige di Ambroisine Bré né dell’Asprando di Stefan Sbonnik, unica voce maschile nel registro tenorile classico. George Petrou, specialista di questo repertorio, già alla guida di una produzione di Carlo il calvo in forma scenica a Bayreuth (con un cast molto simile a quello scaligero) e di altri lavori di Porpora come il già citato Polifemo, ha diretto l’ensemble Armonia Atenea con innegabile perizia, staccando tempi più che consoni al clima dell’opera e contribuendo al perfetto raggiungimento dell’insieme tra strumentisti e compagnia di canto.
Il pubblico di non abbonati e di appassionati del teatro barocco ha tributato vere e proprie ovazioni ai protagonisti al termine dei loro numeri e alla conclusione dell’opera, quando sono ovviamente stati festeggiati anche i componenti dell’orchestra e il loro direttore. Si vorrebbe che serate come questa fossero di meno raro ascolto e non relegate agli appuntamenti “fuori programma”. È oramai da tempo che i capolavori del Barocco – italiano e non – possano essere introdotti nella programmazione di un grande teatro, anche perché gli attori capaci di affrontare queste parti non mancano e nemmeno manca l’entusiasmo di un pubblico fedele e partecipe.