di Luca Chierici
Il nome è quasi sempre una garanzia, soprattutto quando la compagine si presenta al meglio con il suo violino di spalla forse più notevole, Rainer Honeck.
Un numero di volte ristretto ma più che sufficiente è quello che ha contraddistinto la presenza de “i Wiener” alla Scala, e se ieri sera non c’era Chailly sul podio si è comunque apprezzata la professionalità di Philippe Jordan con il quale l’orchestra sembra avere un ottimo rapporto.
Jordan non possiede il “bel gesto” ma si fa capire da un’orchestra che del resto conosce benissimo il repertorio presentato in questo caso. La grande Sinfonia K. 543 di Mozart è sembrata un pizzico retrodatata per un capolavoro armonicamente così audace e Jordan non ha sottolineato un inserto dei fiati nello sviluppo del Finale, particolare dimenticato da molti ma non, ad esempio, da Giulini che la diresse da noi con l’Orchestra del Teatro in una sala in cui erano presenti Vladimir e Wanda Horowitz (ricordo ancora il gesto di consenso del Maestro dei Maestri). Ein Heldenleben di Riccardo Strauss si spiega da sola e l’orchestra ha dato il meglio di sé nell’incredibile profusione di intrecci timbrici da capogiro. Honeck è stato semplicemente meraviglioso nei lunghi e complessi passaggi solistici. Infine un bis annunciato dallo stesso Jordan: dopo «Ein Heldenleben, Künstlerleben di Johann Strauss» e lì si è compiuto il rito di un Concerto di Capodanno fuori stagione. Applausi di intensità inaudita.