di Luca Chierici
Come l’elemento vincente per la messa in scena del capolavoro rossiniano durante il periodo di Covid (eravamo nel 2021) era stato certamente quello dovuto alla concertazione e direzione di Riccardo Chailly, la ripresa odierna ha avuto nella partecipazione di alcuni allievi dell’Accademia un motivo di interesse che ci ha spinti a rivedere uno spettacolo francamente molto limitato per ciò che riguardava l’apporto registico e scenico.
Come sempre le giovani forze vengono sostenute da uno o più fuoriclasse esperti dei propri ruoli: in questo caso si è ammirato il Bartolo di Marco Filippo Romano, che ha accompagnato Chuan Wang come Lindoro/Almaviva, Chiara Tirotta quale Rosina, Paul Grant solido Figaro, Huanhong Livio Li nel ruolo di Basilio (unico effettivo allievo dell’Accademia con Giuseppe De Luca, Fiorello, Greta Doveri, Berta e Giuseppe De Luca quale Ufficiale). Si diceva che la Tirotta ha riscosso forse il maggiore successo della serata con una convincente verve di mezzosoprano abile nel superare le non poche difficoltà del proprio ruolo. Molto meno a proprio agio in termini di dizione ma anche di qualità di emissione è stato Chuan Wang, peraltro inappuntabile nei virtuosismi della sua cabaletta di apertura. Romano è stato un Bartolo vigoroso e bene attento a contrastare le trame che porteranno a un esito catastrofico le sue mire di matrimonio con Rosina. Figaro forse un poco meno mattatore del solito è stato Paul Grant, anch’egli peraltro inappuntabile. Huanhong Livio Li si è distinto nell’aria della calunnia con una buona risposta di applausi. Gli allievi hanno dato prova di preciso studio di una lezione interpretativa oramai passata alla storia, e tra essi si è apprezzato il Fiorello di De Luca e ancor di più la Berta di Greta Doveri.
Non ci dilunghiamo sulla qualità dello spettacolo di Leo Muscato , sulla quale già avevamo scritto qui.
Pidò è direttore esperto e sensibile e ha portato a termine un lavoro che, vista la popolarità del titolo e la sua frequenza nei teatri di tutto il mondo è francamente difficile interpretare secondo direttive molto dissimili da quelle che provengono da un’aurea tradizione. Merito suo è stato però il tenere le redini di uno spettacolo non facile e di amalgamare voci giovani e meno giovani per giungere a un risultato complessivamente soddisfacente e molto apprezzato da un pubblico eterogeneo nel quale contava di gran lunga la presenza di turisti stranieri. Per tutti coloro che vorranno apprezzare le doti del secondo cast formato da ulteriori presenze di allievi dell’Accademia, segnaliamo che sarà possibile ascoltare Pierluigi d’Aloia nel ruolo del Conte, Mara Gaudenzi in quello di Rosina e Sung-Hwan Damien Park in quello di Figaro.