L’inaugurazione è avvenuta con la European Union Youth Orchestra diretta da Gianandrea Noseda e il soprano Erika Grimaldi. In programma Verdi e Mahler
di Attilio Piovano
GRAN BELLA INAUGURAZIONE per lo Stresa Festival 2015, la sera di sabato 22 agosto, al Palazzo dei Congressi della stupenda cittadina rivierasca. Sul palco l’attuale formazione della European Union Youth Orchestra ormai in dirittura finale del Summer Tour 2015 fittissimo di impegni, tra Austria, Germania, Olanda, Regno Unito e Italia per l’appunto. Sul podio Gianandrea Noseda che con i giovani della Euyo da sempre pare avere un feeling specialissimo. L’empatìa tra direttore e giovani entusiasti musicisti è palpabile, si sente nell’aria e si trasmette fin dai primi istanti al folto pubblico che gremisce la sala (tutto esaurito, per un’edizione, la 54° del blasonato Festival Internazionale lacustre di cui Noseda è Direttore Artistico che si presenta ricca di contenuti e con bei nomi del gotha internazionale).
[restrict paid=true]
Programma inconsueto e intrigante: inconsueto non tanto per i contenuti quanto per il singolare accostamento, Verdi e Mahler, due autori che paiono (e di fatto sono) assai distanti l’uno dall’altro, quasi diametralmente opposti, separati da abissi siderali e che Noseda ha inteso invece espressamente accostare, ‘scommettendo’ – sono parole sue – sul desiderio da un lato di «valorizzare l’elemento strumentale dell’opera verdiana, con un’attenzione particolare al momento di passaggio dell’arte vocale dal belcanto al canto drammatico» legato cioè alla famigerata «parola scenica», e tentando di sottolineare, per contro, «l’elemento di espressività vocale e di narrazione drammatica che Mahler riesce a profondere a piene mani anche in una Sinfonia puramente strumentale quale la Quinta». Scommessa pienamente riuscita, occorre anticiparlo subito. E allora ecco in apertura, ad incorniciare la drammatica Sinfonia da Luisa Miller e l’aria «Tu puniscimi, o Signore», pagine dalle opere giovanili che Noseda è riuscito a farci apprezzare (se non addirittura amare), presentandole in una luce nuova e del tutto condivisibile. E dunque innanzitutto le preziosità armoniche, ma soprattutto timbriche del Preludio dai Masnadieri col bel cantabile del violoncello e l’atmosfera carica di pathos. Poi, per la gioia dei melomani, l’apparizione di Erika Grimaldi che dell’aria di Amalia «Lo sguardo avea degli angeli» (preceduto dal recitativo «Venerabile, o padre, è il tuo sembiante»), ha ben colto l’intensità, con piglio energico e leggiadro al tempo stesso, ponendone in luce tutta la pimpante trasparenza. Molta eleganza di emissione e raffinatezza nel porgere questa vera e propria perla giovanile. Poi il fatalismo tragico della Sinfonia dalla Luisa Miller (sferzata da saettanti figurazioni interpuntate dai legni), superba opera ‘di transizione’ nella quale in realtà già si riesce ad intuire l’approdo drammaturgico dell’ultimo Verdi, quanto meno in nuce. Noseda affronta questa Sinfonia dalla singolare ‘tinta’ per usare un termine caro a Verdi, infondendovi, molto opportunamente, una carica energetica che ha dell’incredibile, giù giù sino al trascinante epilogo. E i giovani della EUYO, eseguendola, parevano come magnetizzati, incantati dal potere fascinatorio della musica stessa. Successo personale della Grimaldi nella citata aria «Tu puniscimi» assai apprezzata per l’estrema cura delle sfumature e per la sicurezza con la quale ne affronta l’impervia cadenza (così era stato nell’aria precedente, lasciando tutti col respiro sospeso), infine recitativo e aria di Medora «Egli non riede ancora… Non so le tetre immagini» dal Corsaro: con l’arpa a conferirle un particolare colore lunare, pagina dall’effusivo lirismo e dal balzante ritmo ternario che la Grimaldi è andata sciorinando con scioltezza, senza trascurare quel che di squisitamente romantico, quella Stimmung che le è propria, vera rivelazione insomma, (l’aria ovviamente, non certo la Grimaldi che ben apprezziamo) ripagata da applausi convinti.
Poi la sublime Quinta mahleriana che i giovani della EUYO hanno interpretato con indicibile intensità e chiudendo gli occhi potevi giurare di avere dinanzi una formazione di consumati professionisti dall’affiatamento ultradecennale. E di fatto i giovani, provenienti da un’incredibile quantità di Paesi, professionisti lo sono a tutti gli effetti, con ottime prime parti, archi dalla pasta corposa e dal bel suono (lo si è ammirato specie nel toccante e celeberrimo Adagietto, grondante decadentismo, che peraltro Noseda affronta con opportuna e virile fermezza, depurandolo di quel che di svenevole, quegli eccessivi languori che ne hanno fatto la fortuna, ma ne hanno anche in parte travisato l’essenza), ottoni dallo squillo possente dove occorre, legni per lo più impeccabili, percussioni incisive e molto altro ancora. Insomma un’orchestra eccellente, indipendentemente dall’età giovanilissima delle sue ‘parti’.
E l’attacco della Trauermarsch, con quell’appello soffocato della tromba e poi il ritmo lancinante e incombente del basso, ha sprigionato tutta l’emozione che ci si aspetta, dischiudendoci ad un mondo interiore di rara intensità. Noseda ha una visione della Quinta giustamente depurata dai cascami decadenti, sicché destrutturandola, per così dire, l’approssima all’Espressionismo di un Kokoschka (cui di fatto appartiene) filtrandola attraverso il cubismo di un Picasso, con apici dinamici di inaudita possanza, per contro centellinando con cura minimi dettagli cameristici spesso in altre esecuzioni lasciati se non in ombra certo in secondo piano. Ne deriva una sorta di rigenerazione, quasi una palingenesi della Sinfonia stessa, con quel suo vasto primo tempo dalle telluriche conflagrazioni, il senso dell’ineluttabile enfatizzato dall’onnipresente ritmo della funerea Marcia, ma anche lo sguardo nostalgico verso il passato, gli intenerimenti e le accensioni sensuali, come pure i passi trionfali e certi andamenti come di superbo Corale. Da vero manuale il vasto Scherzo che riassumendo tutto Mahler ne è un ritratto a grandezza naturale, e allora la leggerezza di certi passi, ma anche (verrebbe da dire ben più) la complessità strutturale derivante dall’impiego sistematico della polifonia; e allora ecco che Noseda ne pone in evidenza il contrappunto con vistoso quanto significativo nitore, senza mai perdere la visione d’insieme di questo macrocosmo che della Quinta è il nucleo fondante. E dopo l’Adagietto interpretato con partecipe emozione, quasi accarezzato con tenerezza (non a caso Noseda rinuncia alla bacchetta in tale movimento, affidandosi alla sola espressività delle mani) ecco il Finale che si apre con quel tono quasi da filastrocca per poi schiudersi a mondi imprevedibili. I bei cantabili sono emersi in tutta la loro purezza, così pure i passi slanciati in cui il tema dell’Adagietto riemerge con andamento ora spedito, come tonificato e irrobustito, i molti punti incandescenti come pure le levigate radure melodiche, la giubilante e solenne ebbrezza della sezione conclusiva che pone termine a questo capolavoro, quasi ideale percorso dell’anima.
Applausi a non finire e, ancora una volta, il consolidato rito che si ripete: i giovani che non vogliono saperne di andarsene dal palco, si abbracciano, si commuovono e li vedi che, dopo un’estate intera a suonare insieme, a vivere di musica per la musica e con la musica sono a loro volta come ubriacati da questa esperienza che in molti, nei camerini, non esitano a definire ‘unica’. Ne raggiungiamo alcuni ed è una gioia percepire un mix di lingue, del resto sono rappresentate numerosissime nazioni: dalla Francia alla Gran Bretagna all’Italia alla Germania, ma anche il Portogallo, l’Austria, la Spagna, l’Ungheria, la Finlandia, la Polonia, l’Olanda, i paesi dell’Est, e ancora la Grecia e la Svezia, Romania, Croazia, Slovenia, Lussemburgo, Estonia, Danimarca e l’elenco potrebbe proseguire. Vorremmo intervistarli tutti, ne cogliamo alcune battute al volo, ma più ancora delle parole sono significativi i loro sguardi e le loro espressioni. Ci fermiamo a conversare con uno dei pochi italiani, il giovanissimo santhiatese Eugenio Sacchetti, violinista e figlio d’arte (il padre, Arturo, organista insigne, compositore e direttore d’orchestra, la madre Natalia Kotsioubinskaia, pianista originaria del Kazakistan). È al settimo cielo e definisce indimenticabile l’esperienza di questa estate, si sofferma sulla gioia indicibile di «far musica con grandi maestri, ma anche con una quantità di coetanei dalla provenienze più diverse» e l’entusiasmo che trasmette è lo stesso percepito durante l’esecuzione del programma.
Eccitazione ed umiltà, nel contempo, desiderio di imparare e gioia di far musica insieme è il denominatore comune di questi giovani. Usciti dal Pala Congressi li vedi che si dirigono al Regina Palace (molti per la prima volta in questo Hotel a 5 stelle tra i più eleganti e raffinati) per la cena e una notte tonificante. Già, perché non finisce qui. Se la sera prima erano a Bolzano, il giorno seguente li aspetta una nuova trasferta, un volo ad Edinburgo per suonarvi il 25, il tempo per un po’ di shopping ed una corposa birra scozzese, poi nuovamente al Sud, direzione Ravello, dove il 27 replicano il medesimo programma verdian-mahleriano. Che l’entusiasmo e la felicità dei venti anni non li abbandonino mai, che possano continuare a far musica con la stessa freschezza e lo stesso vigore per tutta la vita. Che il mestiere (peggio, la routine che talora attanaglia anche gli intepreti più sensibili) non abbia mai a prevalere nelle carriere artistiche di questi giovani. È l’augurio che formuliamo loro. Sorridono e se anche non hanno ben compreso le parole, di certo hanno compreso di aver trasmesso gioia ed emozione a decine di platee internazionali, in questo loro indimenticabile Summer Tour 2015.
A Stresa molti gli appuntamenti di rilievo, dalla première della Regina con i Capelli d’oro di Brian Richard Earl il 25 al concerto tutto sul côté novecentesco del 27 (con Stresa Festival Ensemble e Ars Cantica Choir), dai Brandeburghesi con il fuoriclasse Dantone e l’Accademia Bizantina il 2 settembre all’integrale delle Sonate di Beethoven per violoncello e pianoforte con Brunello e Lucchesini nella fascinosa location del Salone degli Arazzi all’Isola Bella (il 1 e il 3), il clou per la serata conclusiva, con l’Orchestra e il Coro del Regio diretti ancora da Noseda il 5 settembre: in programma la Nona di Sostakovic, il Concerto op. 19 per violino e orchestra di Prokof’ev (solista Roman Simovic) e la vasta cantata Aleksandr Nevskij con la chicca di proiezioni di estratti dal film omonimo di Ejzenstein datato 1938. La magia del Festival lacustre è anche questo. E scusate se è poco.
[/restrict]