di Redazione

2015-08-21-1440172527-7539474-81UidDews1L._SX522_-thumbUn ritorno al mondo discografico dopo alcuni anni di silenzio. Un ritorno con uno dei compagni di viaggio musicale di una vita. Un ritorno all’insegna di due sonate, amate, ma mai registrate finora. Così il mostro sacro del violino Itzhak Perlman celebra il suo settantesimo compleanno con l’incisione della Sonata per violino No. 1 in La maggiore, op. 13 di Gabriel Fauré e della Sonata per violino in Mi bemolle maggiore, op. 18 TrV 151 di Richard Strauss. Lo fa accompagnato dal pianista Emanuel Ax. Due capolavori che, pur provenendo da mondi differenti, risalgono alla produzione della giovinezza dei relativi autori e ne rivelano appieno le straordinarie doti compositive.

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Non a caso, così si pronuncia Saint-Saëns a proposito della sonata per violino composta dal suo amico e allievo Fauré nel 1875 «In questa sonata si possono trovare nuove forme, eccellenti modulazioni, colori inusuali e l’uso di ritmi inattesi. Una sorta di magìa si libra sull’intera opera, portando gli abituali ascoltatori ad accettare l’audacia inimmaginabile come qualcosa di assolutamente normale. Con questo lavoro il signor Fauré merita di essere annoverato tra i maestri». Una magìa ottimamente resa nel perfetto equilibrio sonoro dei due grandi interpreti, nell’eleganza interpretativa e nella varietà di colori propri della tavolozza di un genio del violino come Itzhak Perlman.

Negli attacchi morbidi, nel suono brillante e centrato e nei vertiginosi e coinvolgenti crescendo che ne rivelano l’inusuale espressività. Una vibrante sensualità ed una tensione da cui emerge la fedeltà all’autore, al linguaggio e all’estetica romantica propri della sua prima fase creativa. Dopo “la musica amabile e graziosa, deliziosa come un paesaggio d’acquerello” di Fauré, come nel 1914 fu descritta dalla Rivista Musica Italiana, ci si sposta nel mondo di Richard Strauss. Con una sonata composta nel 1887, medesimo periodo del Don Juan, che rappresenta l’ultimo saggio nel genere della musica astratta prima della totale dedizione al poema sinfonico. Il canto del violino rivela, in un dialogo serrato ed energico, l’inconfondibile stile ritmico e melodico dell’autore. Il tocco di Ax crea un amalgama perfetto, ne amplifica l’eloquenza e contribuisce a rendere quel senso di inquietudine, fluttuante nell’alternarsi di attimi di cantabile e leggero lirismo e di altri di intenso e struggente pathos. La simbiosi e la comunione di intenti dei due artisti è evidente: una perfetta sintesi di esperienza, gusto interpretativo e inossidabile tecnica.

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Pubblicato il 2015-10-23 Scritto da LuisaSclocchis

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