Il musicista venezuelano, perla del “Sistema Abreu”, è stato nominato a sorpresa direttore principale del Teatro La Fenice. Ha 27 anni e un gran talento. Ma la gioventù è sempre un vantaggio?
di Patrizia Luppi
Facciamo i nostri migliori auguri a Diego Matheuz, nominato a soli 27 anni direttore principale di uno dei più importanti teatri d’opera italiani: la sorprendente decisione è stata annunciata ieri dai vertici del veneziano Teatro La Fenice.
Direttore d’orchestra di grandissimo talento, Matheuz è una delle perle del sistema di José Antonio Abreu, l’uomo politico e musicista venezuelano che con la magnifica iniziativa che porta il suo nome – la creazione di una rete capillare di orchestre giovanili – ha salvato centinaia di migliaia di bambini e ragazzi da un gravissimo disagio economico e sociale.
Claudio Abbado, grande sostenitore del sistema Abreu, si è fatto promotore in Italia di un’analoga iniziativa (proporzionata ovviamente alle condizioni del nostro Paese) che comincia già ad avviarsi sul territorio nazionale. Abbado è, notoriamente, un fervido sostenitore dei giovani e Matheuz, che nel 2008 ha debuttato in Italia con l’Orchestra Mozart, è uno dei suoi pupilli. Molte carte vincenti, quindi, per il 27enne venezuelano che ha già al suo attivo esperienze e ingaggi con un’impressionante serie di grandi orchestre per il repertorio sinfonico.
Ma di repertorio operistico, invece, quanta esperienza ha? Ben poca: il suo esordio risale solo a un anno fa con un Rigoletto proprio alla Fenice, dove ora si farà le ossa con tre titoli all’anno. Ci chiediamo se fosse il caso di scaraventarlo fin da adesso in un ruolo di responsabilità così oneroso. C’è stato chi ha storto il naso alla notizia della nomina lamentando il fatto che Abreu è straniero, quindi poco adatto per il repertorio italiano che un teatro lirico del calibro della Fenice deve sostenere e diffondere: obiezione vuota di senso e vagamente xenofoba. C’è chi ha giubilato gridando largo ai giovani, perché a molti pare che una persona provvista di esperienza diventi automaticamente un vecchio trombone; ma non è così. Ci faremmo operare volentieri da un chirurgo men che trentenne o preferiremmo un suo collega un po’ più anziano? Ci sono professioni in cui un bagaglio di competenze e di esperienze è fondamentale, in cui il “mestiere” è condizione non sufficiente, d’accordo, ma necessaria sì. Per dirigere un’opera bisogna, per esempio, saper far lavorare insieme al meglio orchestra e palcoscenico, con tutti gli imprevisti e le difficoltà che possono insorgere: una cosa che si impara sul campo e non certo dal podio di un concerto sinfonico, né per scienza infusa. Matheuz, in ogni caso, ci piace e ci è simpatico: gli auguriamo di lavorare bene e di indurci, con la sua arte, al piacere e alla meraviglia.
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