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Concluso ieri il ciclo dell’integrale delle sinfonie di Beethoven.
Un vero trionfo, ieri sera al Teatro Regio di Torino, per la conclusione del ciclo dedicato alle beethoveniane Nove Sinfonie dirette in maniera esemplare da Gianandrea Noseda che ha saputo suscitare veri entusiasmi, come testimoniato anche dalle reazioni del pubblico radiofonico, impegnato a farsi sentire con i molti sms al termine delle varie dirette. Pubblico delle grandi occasioni e sala stracolma; molti, anzi moltissimi i giovani: fa piacere rimarcarlo. E stasera si replica. L’Ottava dunque, con la sua carica vitalistica e la sua freschezza che Noseda ha restituito in tutta la sua interezza. Grandi emozioni fin dall’attacco del primo tempo con le scorrevoli, bonarie atmosfere e prelibatezze nell’Allegretto scherzando, tutto sapido humour e boutades pseudo rossiniane, con quel ticchettìo insistente che si burla del buon Mälzel, inventore del metronomo, e comunica straripante joie de vivre. Ottimi i legni, ma anche un bel suono da parte degli archi. E dunque si conferma l’impressione di un’orchestra, quella del Regio, che ha molto lavorato ed ha affrontato con grande scrupolo ed impegno il tour de force connesso con un’integrale di tal fatta nel giro ravvicinato di pochi giorni. Giustamente dolce ed effusivo è parso il Minuetto, con tempi giusti e bei fraseggi (qualche occasionale inesattezza dei corni nel Trio, ma era poca cosa). A fronte della euforizzante brillantezza dei primi due tempi, dal Finale ci si aspettava (forse) qualche guizzo in più. Noseda l’ha affrontato con passo felpato e guardingo, specie se si considerino le ardimentose eccentricità della partitura, ma ovviamente di scelta interpretativa ben precisa s’è trattata: puntuale e consapevole, e non a caso ne è emersa una lettura comunque fascinosa, ancorché – così ci è parso – tesa più ad ammorbidire che non ad esasperare le intemperanze beethoveniane.
E poi la Nona. Partiamo dal fondo, dalla vera e propria (meritata) ovazione a fine serata, con punte di entusiasmo all’indirizzo del coro in special modo: che, istruito da Claudio Fenoglio, si è confermato eccellente e del tutto all’altezza della situazione; e nei confronti di Noseda, ça va sans dire, festeggiatissimo al termine dell’impresa, e dell’Orchestra del Regio che nel complesso delle sue sezioni ha retto egregiamente all’impatto con l’immane partitura. Bene le voci soliste, specie sul fronte maschile, dunque il tenore Kor-Jan Dusseljee (canterà nel ruolo di Florestan nel Fidelio in scena al Regio in dicembre) ed il basso-baritono Albert Dohmen. Buona anche la prova del mezzo soprano Anna Maria Chiuri, appena qualche minima esitazione per María José Siri (sarà Floria Tosca nel secondo cast, al Regio, il prossimo gennaio), ma occorre rilevare che ha accettato all’ultimo di sostituire l’indisponibile Nicola Beller Carbone, affrontando un viaggio aereo senza quasi provare, e scusate se è poco. Della lettura scrupolosa e partecipe di Noseda dal gesto come sempre esuberante, plastico, efficace e comunicativo, abbiamo apprezzato la visione d’insieme come pure la cura certosina nei particolari della concertazione, e poi l’allure dell’Andante, cesellato con affettuosa dedizione, ma affrontato molto opportunamente senza quelle eccessive estenuazioni che talora mettono a dura prova l’ascolto, ponendone a nudo la ‘divina lunghezza’. Ottimo il finale, trascinante e traboccante di quella umana carica di filantropia universale, tuttora attualissima, che la «Nona» sempre trasmette anche alle generazioni più giovani.
Attilio Piovano