Sarà dedicata quasi esclusivamente ai due compositori, entrambi nati nel 1813, la prossima stagione operistica del Teatro milanese
di Patrizia Luppi
I nevitabile: Verdi e Wagner domineranno la prossima stagione scaligera. Nel 2013 ricorreranno per entrambi i 200 anni dalla nascita (avvenuta a distanza di qualche mese: il 22 maggio il Nume di Bayreuth, il 10 ottobre il Cigno di Busseto) ed ecco quindi, in cartellone, otto titoli verdiani affidati ad altrettanti direttori d’orchestra italiani, sei wagneriani – compresi due cicli completi del Ring nel giugno 2013 – e due soli outsider, la nuova opera del russo Alexander Raskatov, Cuore di cane, e un lavoro giovanile di Rossini, La scala di seta, per la lussuosa vetrina annuale degli allievi dell’Accademia della Scala.
Alla presenza del presidente del Teatro – il sindaco di Milano Giuliano Pisapia – e del vicepresidente Bruno Ermolli, assente il direttore musicale Daniel Barenboim perché impegnato altrove, è stato Stéphane Lissner, sovrintendente e direttore artistico dal 2005, a illustrare le linee programmatiche della stagione 2012-13 (vedi il calendario completo qui). La prima di Sant’Ambrogio sarà nel nome di Richard Wagner: Lohengrin con Daniel Barenboim sul podio e regia di Claus Guth, scene e costumi di Christian Schmidt, interpreti principali René Pape, Jonas Kaufmann, Anja Harteros e Tomas Tomasson; quasi tutte nuove produzioni, e molte coproduzioni con grandi teatri d’opera europei, anche per le opere seguenti: Falstaff con la regia di Robert Carsen, direttore Daniel Harding; Nabucco con regia di Daniele Abbado, direttore Nicola Luisotti; Der fliegende Höllander con la direzione di Hartmut Haenchen e la regia di Andreas Homoki; Cuore di cane con l’accoppiata Valery Gergiev-Simon McBurney; Macbeth ancora con Gergiev, regia di Giorgio Barberio Corsetti; Oberto conte di San Bonifacio, direttore Riccardo Frizza, regista Mario Martone; Götterdämmerung diretto da Daniel Barenboim con regia e scene di Guy Cassiers; Un ballo in maschera con il giovane Daniele Rustioni sul podio e Damiano Michieletto alla regia; La scala di seta ancora con la regia di Michieletto, direttore Christophe Rousset; Don Carlo nell’allestimento scaligero di Stéphane Braunschweig, direttore Fabio Luisi; infine Aida con la bacchetta di Gianandrea Noseda nella versione ormai storica prodotta alla Scala nel 1963, con regia di Franco Zeffirelli, scene e costumi di Lila De Nobili. Nella stagione saranno inoltre incorporati i due cicli completi (in forma unitaria come voleva Wagner, nella stessa settimana e per due settimane consecutive: la Tetralogia non si dava in questa forma alla Scala dal 1938) del Ring des Nibelungen diretti da Daniel Barenboim con regia e scene di Guy Cassiers, tra gli interpreti Michael Volle, René Pape e Waltraud Meier. Ancora Verdi per l’inaugurazione della stagione 2013-14: La traviata, protagonista Diana Damrau, direttore Daniele Gatti e regista Dmitri Cherniakov. Tra gli appuntamenti concertistici, almeno uno è doveroso citare: l’eccezionale ritorno di Claudio Abbado, nell’ottobre 2012, per il settantesimo compleanno di Barenboim.
Ma Lissner è già proiettato in avanti: verso il 2015, anno fino al quale è stato prolungato il suo mandato in coincidenza con l’apertura a Milano dell’Expo, l’avvenimento che dovrebbe – così sperano le forze politiche ed economiche – portare alla città gran lustro e un bel giro di pecunia. La Scala sarà tra i punti di forza dell’offerta e il poliedrico uomo di teatro francese si è da tempo messo all’opera per produrre un cartellone adeguato: per l’inaugurazione dell’Expo il titolo è già stato scelto, Turandot di Puccini con il finale di Berio. Il lavoro impostato in questi anni, che proseguirà nei prossimi, ha inoltre l’obiettivo di produrre, in un’ottica di rinnovamento del repertorio italiano, un patrimonio di spettacoli nuovi pronti per essere ripresi in qualunque momento: già nel 2015/16 si dovrebbe poter contare su più di quaranta titoli.
Prima di Lissner, Pisapia aveva ricordato, nel suo intervento di apertura, che finalmente e solo da un paio di giorni è stato raggiunto un obiettivo che fin dai tempi di Toscanini tutti i sovrintendenti scaligeri avevano perseguito: il conseguimento per la Scala di uno status autonomo che le permetterà di stabilire da sé le proprie regole; non una privatizzazione, perché gli enti pubblici continueranno a contribuire, ma un’indipendenza che rappresenta un grosso scatto in avanti rispetto alle altre fondazioni liriche italiane. Perché la Scala, forte della sua storia e della sua fama, oggi come sempre rivendica la propria specificità, ambisce al titolo di maggior teatro d’opera del mondo e logicamente vuole essere trattata di conseguenza.
Stéphane Lissner – che, viste le premesse, può essere l’uomo adatto per guidarla in questa direzione – vedrà espandersi i propri poteri di sovrintendente con il controllo totale della gestione (segnaliamo per dovere di cronaca che inspiegabilmente, alla fine della conferenza stampa, ha deciso di non rispondere alla domanda di una collega che gli chiedeva ragguagli sul maggior margine di azione concessogli in questa veste): una carica già onerosa lo diventerà ancora di più. Da sette anni, dal giorno della sua nomina, Lissner ha voluto prendere su di sé anche la responsabilità della direzione artistica del Teatro e l’ha sostenuta con dedizione e con diversi apprezzabili risultati; ma ci chiediamo ora: dato il suo nuovo aggravio di impegni, non sarà venuto il momento di separare le due cariche? È proprio impossibile trovare in tutto il mondo una figura di direttore artistico competente, responsabile e creativo, che in armonia con il sovrintendente dedichi tutte le proprie energie al compito affidatogli? Completata da un direttore musicale come Daniel Barenboim, una triade così, pronta al confronto dialettico e allo scambio di competenze e di esperienze, sarebbe a nostro parere un ulteriore atout per il teatro d’opera più grande del mondo.
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