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Con le coreografie di Sasha Waltz il progetto educational dei Berliner Philharmoniker festeggia il decimo anno di attivà
di Barbara Babic
BERLINO – Un autobus giallo scintillante entra nell’Arena Berlin (un’enorme struttura di cemento e acciaio costruita negli anni Venti, utilizzata per molto tempo come deposito per gli autobus – appunto – oggi adibita a spazio per concerti ed eventi) e fa scendere un centinaio di ragazzi tra di 14 e il 17 anni, protagonisti di questo grande concentrato artistico che è il progetto danza curato dal dipartimento Educational dei Berliner Philharmoniker. Per festeggiare il decimo anno dell’iniziativa – che ha coinvolto circa 2000 partecipanti tra ragazzi di scuole, università berlinesi e danzatori dilettanti di tutte le età – è stata chiamata la coreografa tedesca Sasha Waltz, che con la sua compagnia Sasha Waltz & Guest ha ideato e allestito lo spettacolo. Ogni danzatore professionista ha avuto modo di lavorare per quasi tre mesi con dei piccoli gruppi di ragazzi provenienti da quattro scuole medie e superiori dei quartieri di Neukölln, Schöneberg, Tempelhof e Hellersdorf: secondo la coreografa, un’esperienza significativa sia per i giovani – alla scoperta dell’espressività corporea e della creatività – che per i ballerini della compagnia, forti dell’idea che il processo creativo sia prima di tutto un processo collettivo. Il tema scelto per quest’edizione di MusicTANZ è quello di Carmen, con le musiche della Carmen Suite, ispirata all’opera di Bizet, del compositore russo Rodion Schtschedrin (1932), commissionate originariamente dal Bolshoi di Mosca nel 1967.

L’intenzione di Schtschedrin di far «incontrare spiriti artistici di due diverse epoche» fu duramente criticata e considerata all’epoca più una profanazione che un omaggio dell’opera bizetiana. In primo luogo colpisce la scelta dell’organico, per soli archi e percussioni, sezioni tra cui il compositore russo crea un dialogo continuo, sviluppato in un interessante gioco di ruoli rimici e melodici. Il sapore spagnoleggiante, brioso, travolgente viene messo nell’opera di Schtschedrin in secondo piano, a favore di una dimensione in generale più intima e raccolta, già dalla celebre Ouverture, che qui diventa un richiamo soffuso di temi – in primis quello dell’Habanera – accennato a tratti dalle percussioni. Un atteggiamento spesso ironico (come aveva sapientemente commentato Jay Nordlinger: «nelle sue composizioni si vede spesso Schtschedrin fare l’occhiolino») che lascia in disparte la Carmen seduttrice riportandola più vicina alla figura della novella originaria di Mérimée, spogliandola delle fantasie musicali e letterarie sulla femminilità, rendendola ‘leggera’ come l’età dei ragazzi che partecipano a questo progetto.
Sasha Waltz declina su più piani la femminilità, la seduzione, l’amore giovanile e fa esistere contemporaneamente tante Carmen e tanti Don Josè, ma anche tanti Escamillo – che nell’idea della coreografa diventano delle popstar innalzate su delle casse di birra e adulate dalle grupies urlanti in delirio. In questa «Carmen ohne Worte» lo spazio è lasciato interamente alla danza, al corpo, al movimento, tanto presente da non necessitare una scenografia: rappresentano di per sé un’esplosione di colore i sgargianti costumi dei danzatori, che alternano una gestualità essenziale e spontanea a coreografie più complesse, in cui tutti, professionisti e dilettanti, sono protagonisti allo stesso modo. Lodevole il fatto che, con pochissimi mezzi (di effetto i fazzoletti rossi che prendono fuoco nella scena della corrida), venga dimostrato come si possa dare e fare molto – non solo a livello artistico ma anche umano. Lo si legge nei volti e nell’entusiasmo dei ragazzi al termine di questa performance, riuscitissima anche grazie all’eccellente esecuzione dei Berliner Philharmoniker sotto la guida del gesto sapiente di Sir Simon Rattle, in uno spazio dall’acustica non proprio facile.
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