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L’interessante accostamento ha caratterizzato di festival beethoveniano che si concluderà domani sera. Abbiamo ascoltato Esa-Pekka Salonen alla direzione della Philharmonia Orchestra
di Corina Kolbe
A lla Beethovenfest di Bonn le opere del compositore più celebre della città non possono mancare. Da Londra Esa-Pekka Salonen e la Philharmonia Orchestra ci portano un ciclo che si ispira all’idea dei recenti giochi olimpici nella capitale britannica. Le sinfonie di Beethoven che non seguono il solito ordine cronologico sono abbinate a cinque brani contemporanei, uno da ogni continente. È l’unica volta che questo ‘ciclo olimpico’ è eseguito fuori da Londra, in una maratona lunga cinque serate che si concluderà il 7 ottobre. Per Salonen il punto di partenza rimane la Prima Sinfonia. Pur essendo composta ancora nello spirito di Mozart e Haydn lascia già intravedere le caratteristiche del modo di comporre di Beethoven. L’orchestra che segue il gesto preciso del direttore rende perfettamente lo spirito elegante e garbato del brano.
Con la Settima Sinfonia Salonen presenta un Beethoven più maturo con un’impronta inconfondibile. Bellissimo il secondo movimento, l’Allegretto, una sorta di marcia funebre che inizia con gli archi bassi, ai quali si aggiungono i violini e poi i fiati, crescendo poco a poco. Nei movimenti seguenti l’orchestra segue il direttore con grande slancio e passione, fino all’Allegro con brio, una danza scatenata che rompe completamente con gli schemi tradizionali. L’orchestra si dimostra molto versatile e capace di esprimere tutta la gamma dei colori e contrasti in Beethoven. In mezzo alle due sinfonie si esibisce la formidabile solista Viviane Hagner che con l’orchestra interpreta il concerto per violino della compositrice coreana Unsuk Chin. Dieci anni fa Hagner suonò il concerto per la prima volta in assoluto con la Deutsche Symphonie-Orchester Berlin sotto la bacchetta di Kent Nagano. Anche a Bonn affronta con bravura le notevoli difficoltà tecniche del brano al quale strumenti come marimba e gong conferiscono tocchi decisamente asiatici. Nelle serate seguenti le sinfonie di Beethoven sono accoppiate a brani dall’Australia (‘Testament’ di Brett Dean), dall’Europa (‘Rivers to the Sea’ di Joseph Phibbs’) e dall’America (‘Radical Light’ di Steven Stucky). Prima della Nona Sinfonia che chiude il ciclo si arriva in Africa ascoltando ‘Ghanaia II’ del tedesco Matthias Schmitt, suonato dal percussionista Martin Grubinger con il suo ensemble.
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