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Se Schubert non fa rima – in questo caso – con Castiglioni. Con la direzione di Andrea Pestalozza la formazione cameristica, costola dei Berliner Philharmoniker, ha inaugurato ieri sera il festival Percorsi di musica d’oggi
di Cecilia Malatesta
U n’esperienza di trasparente immobilità, un ascolto in sospensione temporale, ieri sera alla Scala, per il debutto della rassegna di Milano Musica dedicata quest’anno a Niccolò Castiglioni. Teatro quasi pieno, rumoroso e popolatissimo di giovani e giovanissimi, turisti e fedeli del Festival; sul palco, lo Scharoun Ensemble Berlin, costola cameristica dei Berliner Philharmoniker, diretto da Andrea Pestalozza attraverso un programma a ritroso, dal secondo Novecento di Dallapiccola, Castiglioni e Sciarrino, al primo Ottocento dell’Ottetto in fa maggiore D 803 di Schubert.
Fissità, immobilità, muri di suoni – e concetti – difficili da valicare; si comincia con la contemplazione estatica della Piccola musica notturna (1961) di Dallapiccola, morbido tappeto dal quale emergono interventi solitari degli strumenti, come versi di sporadici animali notturni o come i pensieri che affiorano nella mente prima del sonno. Note nervose, guizzi rapidi e inafferrabili dei fiati nei Tropi di Castiglioni (1959), placati da lunghi bordoni dai quali non sembra ci sia uscita; brevissimi e concisi sprazzi di lirismo affidati agli archi nei Momenti musicali (1991), interpolati dai pizzicati dell’arpa e dagli interventi fugaci del pianoforte. Sono impressioni che nascono dal continuum del silenzio, idee sussurrate sempre in p o pp, trasparenti nel tessuto timbrico, un omaggio di Castiglioni ai frammenti omonimi di Schubert, compositore col quale sentiva di condividere la stessa sensibilità poetica per la levità, l’espressione dell’intimo e la cesellatura delle emozioni nel suono. Nella stessa direzione si muove Introduzione all’oscuro di Sciarrino (1981), animata da una seducente ricerca timbrica: soffi nelle canne di flauti senza bocchino, vibrati serratissimi sulle corde degli archi ed effetti wa-wa di tromba e trombone che delineano ondate di suoni, come il respiro ciclico di un indefinito organismo vivente, sul battito cardiaco irregolare dei colpi di lingua di clarinetto, oboe e fagotto.
Allora poco giustificabile appare il carattere di festoso intrattenimento dell’Ottetto schubertiano, non fosse per l’organico previsto, per l’analogia con Castiglioni – in questo caso davvero poco afferrabile – e perché cavallo di battaglia dello Scharoun Ensemble Berlin. Così, il brano di più facile ascolto annoia, non decolla e non convince, con un’impressione di pedanteria e polvere che l’esecuzione non riesce a rimuovere, pur essendo comunque buona, soprattutto quella dei fiati.
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