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Ritratti • Il direttore d’orchestra, da tempo ospite dei grandi palcoscenici internazionali, racconta ai lettori del Corriere Musicale il suo rapporto privilegiato con la musica del compositore tedesco. Offrendone una inconsueta chiave di lettura
di Corina Kolbe
Hartmut Haenchen, direttore d’orchestra tedesco che con L’Olandese Volante ha appena debuttato al Teatro alla Scala, conserva della musica di Richard Wagner ricordi personali che risalgono fino alla sua infanzia. Nato a Dresda, Haenchen frequentò la stessa scuola del compositore, seppure a distanza di più di un secolo. «Conosco bene i luoghi a Dresda che hanno lasciato un’impronta su Wagner, anche in senso musicale» racconta il direttore che compierà 70 anni il prossimo 21 marzo e che ormai da decenni è accolto dai grandi palcoscenici internazionali.
All’età di dieci anni Haenchen entrò nel prestigioso Kreuzchor, prima di studiare direzione d’orchestra e canto al conservatorio della sua città. Pur vivendo nella Germania dell’Est poté proseguire una carriera sia nel suo paese sia all’estero, anche se si trovava spesso in contrasto con le autorità del paese comunista. In Germania lavorava non soltanto con la Sächsische Staatskapelle e con i Filarmonici di Dresda ma, tra le altre, anche con tutte le orchestre della capitale Berlino, dirigendo spesso il repertorio lirico alla Staatsoper e alla Komische Oper.

Da artista critico e scrupoloso che non si voleva far condizionare da imposizioni ideologiche, col passare degli anni subì sempre maggiori pressioni da parte dello stato. Dal 1980 praticamente non poté più esercitare la sua professione, ma sei anni dopo gli fu permesso di lasciare la Germania dell’Est per i Paesi Bassi dove divenne direttore musicale generale della Nederlandse Opera ad Amsterdam. Da allora le sue presenze negli importanti centri musicali del mondo sono diventate ancora più numerose, con un ampio repertorio che va dal barocco alla musica contemporanea e con registrazioni pluripremiate su cd e dvd di compositori quali, ad esempio, Carl Philipp Emanuel Bach, Joseph Haydn, Wagner e Gustav Mahler. Attualmente è direttore ospite all’Opera di Amsterdam nonché al Royal Opera House Covent Garden a Londra e al Teatro Real a Madrid. In Italia dove ha diretto in città come Genova, Bologna, Palermo e Napoli recentemente è stato festeggiato sul podio dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma.
Avendo eseguito con successo tutto il Ring di Wagner nonché altre sue opere come Tannhäuser, Parsifal e Tristan und Isolde non poteva mancare alle celebrazioni per il bicentenario. Agli impegni in Germania e ad Amsterdam dove in questa stagione dirige di nuovo l’integrale del ‘Ring’ si sono aggiunti inviti a dirigere Wagner alla Scala e al San Carlo di Napoli. «Durante le mie tournée mi sono sempre reso conto che il pubblico italiano apprezza molto Wagner. Si potrebbe parlare di una vera passione», ha detto Haenchen prima di debuttare con l’Olandese Volante a Milano. «È una musica con una grande carica emotiva che qui ovviamente piace molto. Nei confronti di Bruckner il pubblico rimane invece distante, è una musica più razionale che in un certo senso si avvicina alla matematica».
Haenchen si ricorda bene le recenti polemiche sulla scelta della Scala di aprire la stagione con Lohengrin di Wagner e non con un’opera verdiana. «Sembrava addirittura un sacrilegio, soprattutto perché quest’anno si festeggia anche il bicentenario di Verdi. Eppure sono due compositori molto diversi che non dovrebbero essere visti in concorrenza uno con l’altro». Tuttavia per Haenchen i legami tra Wagner e la musica italiana sono evidenti, soprattutto nelle sue prime opere. «L’Olandese Volante è un bel esempio. Nel coro delle donne si riconosce chiaramente l’influsso dell’opera lirica italiana. Allo stesso tempo Wagner rompe con questo modello, fa nascere una nuovo mondo».
Il direttore ricorda di aver visitato diverse località italiane che ispirarono Wagner, ad esempio Ravello dove il compositore trovò spunti per il giardino di Klingsor in Parsifal. «E nelle sue scenografia il Duomo di Siena si univa alla Frauenkirche di Dresda. Là si percepisce un mondo europeo, come tra l’altro anche negli scritti di Wagner», spiega Haenchen. «Spesso si dice che lui voleva sempre mettere in risalto il patrimonio culturale tedesco. Ma non è vero! L’ha fatto soltanto quando ancora non esisteva una Germania unita. Io lo vedo invece come un visionario europeo».
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