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Conferenze • Nel secondo incontro organizzato dal Corriere Musicale presso La Scala Shop per il ciclo “Quel che resta del ’900”, Maddalena Novati ha parlato della musica in televisione, svelando interessanti risvolti e inaspettati retroscena del suo lavoro per la RAI
di Cecilia Malatesta
Q uando il melomane si siede in poltrona e accende il lettore DVD per rivivere ancora una volta sul domestico schermo la magia dell’Aida zeffirelliana, forse non sa che sta guardando e ascoltando altra cosa da quella che ha visto e sentito alla Scala nel dicembre del 2006. Non sa che ci sono voluti mesi per trovare l’intesa perfetta tra i volumi di ogni sezione dell’orchestra, la voce dei cantanti, i cori delle trombe in scena che applaudono il ritorno di Radamès, i rumori di un palco microfonato che restituisce ogni passo delle trecento comparse e ogni balzo di Roberto Bolle. Magari non ricorda di quella voce che sul palco scaligero faticava ad emergere e che ora risulta limpida tra le altre e perfettamente bilanciata nell’unità sonora.
Maddalena Novati, consulente RAI e responsabile dell’Archivio di Fonologia di Milano, accompagna gli uditori del secondo incontro della rassegna del Corriere Musicale, “Quel che resta del ’900”, dietro le quinte, anzi, in cabina del suono, alla scoperta del lavoro che si nasconde dietro a una diretta televisiva o radiofonica, o alla creazione di un prodotto virtualmente eterno come il DVD di uno spettacolo. Schietta, pragmatica, sincera, con esempi tratti da recenti produzioni scaligere, Novati svela o, meglio, rende consapevoli del funzionamento dell’orecchio umano, che in una diretta radiofonica non tollera i rumori di palco di una scena invisibile, o che si strania se la vista indica una fonte del suono diversa da quella che l’udito percepisce. E così si entra nella frenesia della diretta, quando i canali da controllare sono decine e decine, disseminati in tutto il teatro, e bisogna abbassare o spegnere quelli sul palco, accompagnare i radiomicrofoni sulla testa dei cantanti che si muovono sulla scena, avanti e indietro, destra, sinistra, cercando di restituire un effetto sfumato e realistico anche a chi non li vede; e tener conto di una regia televisiva dalle inquadrature non sempre allineate col sonoro, con la quale fare continuamente i conti.

Si comprende dunque che in questa professione non si può essere solo tecnici, perché della partitura e dell’opera bisogna avere un’approfondita conoscenza; emerge qui forse uno degli spunti più interessanti e inaspettati dell’incontro, il continuo rapporto del tecnico con la direzione musicale e gli interpreti, la necessità di comprendere la linea interpretativa di un’opera ed il suono perfetto, ideale da ricreare, dalla buca dell’orchestra all’impianto di casa. Per questo Maddalena Novati segue ogni prova, ascolta le indicazioni del direttore ai professori d’orchestra, appunta in rosso sulla partitura i volumi, gli effetti, le dinamiche per ricordarsene in fase di mixaggio, affermando, con estrema umiltà, che «la presa del suono, in questo senso, è un altro strumento dell’orchestra», con una responsabilità della quale il fruitore fatica a rendersi conto.
In salotto, dunque, scorrono le scene del Peter Grimes nell’edizione 2012 del Teatro alla Scala diretta da Robin Ticciati, con la regia di Richard Jones; in teatro, Ellen Orford in proscenio lavora a maglia e cerca le confidenze del giovane orfanello; in secondo piano, la chiesina del paese ospita la popolazione di benpensanti andati a sentire la consueta messa della domenica mattina. Dall’interno, risuonano imponenti il coro e l’organo. A casa, spicca il canto accorato di Susan Gritton, mentre i suoni del paese restano in sottofondo, un contrappunto discreto ma continuo, lo sguardo moralista della cittadinanza che non lascia al dramma della donna neanche un attimo di tregua. Una vera e propria drammatizzazione dell’evento sonoro, un atto che non è più solo tecnico, e non è più registrazione fedele dell’hic et nunc, ma diventa operazione artistica al pari delle altre, anche se, ossimoricamente, quasi muta, impercettibile e silente.
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