Con la Missa solemnis diretta da Juraj Valčuha si è aperta la nuova stagione dell’OSNRai, giunta al ventesimo anno di attività dall’unificazione delle preesistenti quattro orchestre dell’ente radiofonico pubblico: Torino, Milano, Roma e Napoli
di Attilio Piovano
APERTURA DI STAGIONE per l’OSNRai, a Torino, la sera di giovedì 25 settembre e replica il venerdì successivo, nel segno della beethoveniana Missa solemnis in re maggiore op. 123 per soli coro e orchestra (con diretta radiofonica su Radio3 Suite, in streaming audio-video su www.osn.rai.it e registrazione tv: sarà proposta su Rai5 il 9 ottobre alle 21,15). Non solo: la serata era intesa a celebrare i primi venti anni dell’Orchestra Sinfonica Nazionale nata, come noto, dalla unificazione delle preesistenti quattro orchestre dell’ente radiofonico pubblico: quelle di Torino, Milano, Roma e Napoli. Elemento di eccellenza – lo hanno ricordato il sovrintendente Michele Dall’Ongaro e il sindaco Fassino – e vanto per la città di Torino che dal 1994 ininterrottamente ospita il complesso stesso, città dove da sempre la Rai (e prima ancora l’EIAR) ha radici profonde con un centro di produzione, un centro ricerche, nonché un documentato Museo della Radio in prossimità della Mole e del suo assai blasonato e visitato Museo del Cinema.
In questi primi venti anni l’OSNRai ha visto alternarsi sul podio direttori di spicco – Prêtre e Sinopoli, ma anche Sawallisch, Maazel, Mehta, Gergeev – collaborando con i massimi solisti attivi in campo internazionale. Oggi l’OSNRai è un complesso di buon livello, tant’è che viene spesso invitata in tournée presso i principali festival europei, spazia dal Barocco al Contemporaneo, produce incisioni discografiche e DVD ed è molto attiva quanto a produzioni televisive. A Torino le sue stagioni di concerti prevedono oltre 20 serate, da settembre a tarda primavera, potendo contare su un pubblico di abbonati in ascesa (molti i giovani, raggiunti con una mirata e capillare azione di informazione e diffusione, a partire dal mondo scolastico). Di recente poi l’OSNRai, grazie ad un grande concorso che ha comportato mesi di audizioni, giustamente assai selettive, ha potuto immettere in organico numerosi giovani professori d’orchestra, linfa nuova per un complesso decisamente rinnovato. Orchestra in gran spolvero, dunque, per la serata inaugurale: ad affiancare l’OSNRai l’ottimo e ormai collaudassimo Coro ‘Maghini’ (come sempre istruito da Claudio Chiavazza) che vanta una consolidata ed assidua presenza a latere del complesso sinfonico, e un pool di voci soliste, il soprano Veronica Cangemi e il mezzosoprano Eva Vogel, non sempre rivelatesi all’altezza (alcune incertezze sono emerse qua e là nel corso della serata), il tenore Jeremy Ovenden (in difficoltà in qualche passaggio) e il valido basso Andreas Scheibner, a onor del vero il migliore del cast.
Sublime, monumentale e toccante capolavoro sacro, la Missa solemnis; una di quelle pagine che fa bene all’anima e allo spirito riascoltare (l’ultima volta la Rai l’aveva proposta nel 2004 diretta da De Burgos con solisti del livello di Eva Mei e Sara Mingardo). Significativo, poi, che a Torino si apra la stagione Rai con un monumentum alla fede cristiana nell’anno dell’Ostensione della Sindone, della visita di papa Francesco e dei festeggiamenti per il bicentenario di san Giovanni Bosco (tra pochi giorni il Regio a sua volta ‘aprirà’ con la verdiana Messa da Requiem, quindi Lingotto Musica proporrà l’umanissimo e stupefacente Deutsches Requiem di Brahms, insomma una bella tripletta per Torino).
Sul podio il direttore Juraj Valčuha che accostandosi alla Missa solemnis ha compiuto un buon lavoro di concertazione; ciò nonostante non sono mancati, quanto meno la sera del 25, alcuni piccoli scollamenti ritmici e qualche dettaglio non risultava del tutto messo a fuoco. Molto buona la prova fornita dal coro e così pure, nel complesso – occorre ammetterlo – la resa dell’orchestra, e tutto ciò a partire dal commovente Kyrie, dai colori ambrati e dalle luci soffuse. Del Gloria Valčuha ha posto in rilievo – giustamente – il tono sfolgorante e luminoso (ma qualche mezza tinta in più non ci sarebbe stata male, è parso fin troppo altisonante). Bene, da parte di Valčuha e dell’intera orchestra, aver dato rilievo a quei molti punti in cui la Missa rivela a chiare lettere la sua evidente assonanza stilistica con la Nona Sinfonia: due partiture pur dissimili e al tempo stesso apparentate da una analoga Stimmung. Ammirato il Credo dall’incedere apodittico e assertivo: gli accenti accorati dell’Et Incarnatus e le afflizioni del Crucifixus sono emerse al meglio. Grandi emozioni ha suscitato il Praeludium arcaicizzante e quasi organistico del Sanctus, così pure il carezzevole e dolce Benedictus (primo violino Roberto Ranfaldi, nel protratto passo solistico), poi i trasalimenti del Dona nobis pacem, l’Agnus con quel passo irrorato di trombe e timpani che pare uscito dalla partitura del Fidelio, da ultimo l’epilogo, dolce e attonito, in chiusura di questo capolavoro assoluto, impregnato di valori spirituali.