Il mandolinista israeliano al Teatro Dal Verme insieme al Consort dell’Orchestra Barocca di Venezia
di Chiara Lijoi foto © Harald Hoffmann/DG
NON Ѐ COSÌ USUALE ASCOLTARE IL MANDOLINO, tantomeno nelle sue vesti più classiche. Un’occasione particolare dunque quella concessa dall’Opera San Francesco che, in collaborazione con le Serate Musicali, ha tenuto al Teatro Dal Verme di Milano il suo tradizionale concerto natalizio di beneficenza, invitando a salire sul palco il mandolinista Avi Avital e il Consort dell’Orchestra Barocca di Venezia. Un programma quasi interamente vivaldiano, costruito sull’alternanza tra solista e orchestra, tra brani celeberrimi e perle tratte dal repertorio originale mandolinistico barocco.
Protagonista indiscusso del concerto è Avi Avital, che costella inizialmente la serata e conquista definitivamente palco e pubblico nella seconda parte. Virtuoso del mandolino, è giunto al suo terzo lavoro discografico per la Deutsche Grammophon, inciso proprio con l’Orchestra Barocca di Venezia, e con il suo disco interamente dedicato a Vivaldi sta girando il mondo, contribuendo a quello che alcuni hanno identificato come il «rinascimento del mandolino». Sicuramente il carisma che Avi Avital porta con sé sul palco non può lasciare indifferenti: domina l’orchestra trascinandola nella sua visione travolgente della musica, si lascia accompagnare da un’animata gestualità che però non risulta mai esagerata e fa semplicemente emergere il suo rapporto più intimo con lo strumento e le note che corrono sulla tastiera e sul plettro. Progressivamente abbatte la quarta parete, di tanto in tanto fissa il pubblico negli occhi mentre suona e raccontando aneddoti lo guida alla scoperta delle sonorità inaspettate del mandolino, utilizzando il linguaggio fluido della musica barocca vivaldiana.
Dopo la Sinfonia iniziale, eseguita dal Consort quasi in punta di piedi, il programma della prima parte presenta il Concerto RV93 di Vivaldi in re maggiore, originariamente scritto per liuto e oggi interpretato saltuariamente da mandolinisti e chitarristi, che apre effettivamente la serata, sostenuta immediatamente dopo dalla sempiterna Sonata a tre sul tema della Follia e dalla trascrizione per mandolino, effettuata dallo stesso Avi Avital, del celebre Concerto in la minore per violino tratto dall’Estro armonico. La seconda parte è all’insegna del pizzico: il Concerto in do maggiore per mandolino e orchestra, annoverabile tra le opere più conosciute del repertorio originale, e il meno ascoltato Concerto per mandolino in mi bemolle di Paisiello, perla dell’ironia napoletana settecentesca, vengono presentati in un’interpretazione valida che non soffre troppo delle incisioni ormai storiche di riferimento dei Solisti Veneti di Scimone. Concludono il programma un altro celeberrimo brano, l’Estate di Vivaldi, con il virtuosismo del solo trasferito sul mandolino, una riuscita riduzione dell’Ouverture rossiniana, in cui il mandolino cade quasi d’incanto tra le mani di Figaro, e un travolgente bis solistico tratto dal repertorio tradizionale bulgaro.
L’esecuzione di Avi Avital è trascinante, la sua velocità è costante e cristallina ma mai scevra di dinamiche, l’ornamentazione e le variazioni sono sempre fluide e naturali. I tempi staccati sono sempre molto mossi, a volte anche troppo nei movimenti lenti, rischiando di cadere talvolta in un virtuosismo senza significato laddove un problema tecnico potrebbe invece essere risolto accettandone fraseggio e accenti. Per quanto si possa discutere delle scelte, l’idea musicale che emerge risulta comunque coerente al suo interno e risponde alla volontà divulgativa che Avital promuove, non passando di certo inosservato.