Corelli, Colonna, Biber, Lully e Monteverdi animano la Gerusalemme barocca di Anna Caterina Antonacci e degli Astrusi
di Alexandros Maria Hatzikiriakos foto © Damiano Rosa
Un concerto di rara sottigliezza e profondità apre superbamente il ciclo Calliope della nuova stagione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma. Al centro del programma, raffinata concertazione e frutto della consulenza del musicologo Francesco Lora, è Gerusalemme, città dello spirito e dell’immaginazione, prima che ancora che città degli uomini. Il titolo Gerusalemme: celeste e terrena, perduta e liberata ben sintetizza il senso del concerto dove si ascolta il mito della Città santa tra musica e letteratura sacre e profane. Provengono dalla città liberata i personaggi della Gerusalemme tassiana, protagonisti dell’Armide di Lully e del monteverdiano Combattimento di Tancredi e Clorinda, nell’interpretazione, ormai anch’essa leggendaria, di Anna Caterina Antonacci. Vera chiave di volta è invece la città perduta, compianta nel Libro delle Lamentazioni dal profeta Geremia, intonato nella liturgia nell’Ufficio delle tenebre durante la Settimana Santa, per poi diventare un banco di prova di moltissimi nomi della storia della musica occidentale. In questa occasione è stata scelta invece l’intonazione del compositore bolognese Giovanni Paolo Colonna, offrendo così una inconsueta rarità rispetto ai capolavori di Tallis, Palestrina, Couperin o Stravinskij. Alcuni capolavori di Arcangelo Corelli, presenti anch’essi nel programma, raccontano invece della città terrena, in cui il compositore lavorò per la maggior parte della sua vita, a corte delle più importanti famiglie aristocratiche, ossia Roma, centro della cristianità e vera e propria Nuova Gerusalemme.
Interpreti di questo racconto sono stati Anna Caterina Antonacci e l’Accademia degli Astrusi, ensemble bolognese, diretto da Federico Ferri, che può vantare, a dieci anni dall’esordio, un successo ormai internazionale. Non ha certamente sorpreso che il centro della serata sia stato proprio il Combattimento di Monteverdi, di cui Antonacci ne ha saputo fare negli anni una vera e propria una pietra di paragone per qualsiasi futuro interprete. Un’esecuzione che non sfoggia soltanto le indiscusse capacità di musicista della virtuosa, ma che ne mostra, anche fuori dalle scene, la sua caratura di vera donna di teatro. Le stesse affermazioni si possono estendere anche ad alcuni momenti scelti dall’Armide di Lully. Sicuramente è vero che lo stile francese ha ancora oggi pochi interpreti di livello in Italia, tra cui vanno annoverati senza dubbio gli Astrusi, a cui però non manca un certo accento italiano nel parlare il linguaggio d’oltralpe; eppure Antonacci non ha nulla da invidiare a nessuno riguardo vocalità e interpretazione, anche sulle cime del barocco francese.
Si è trattato senza dubbio di un programma di estrema piacevolezza per il pubblico, che se, come penso, ne ha subito lo stesso effetto di chi scrive, non può essere stato che ammaliato e divertito dalla grande varietà e qualità che lo ha caratterizzato. La mole e la difficoltà dei brani lo ha reso sicuramente impegnativo per tutta la formazione, ma nulla di questo sforzo è mai passato, neanche per un momento, oltre la quarta parete. Forse le Lamentazioni di Colonna non hanno favorito ad alleggerire il carico agli interpreti, ed è stato forse l’unico caso in cui l’impegno esecutivo non ha potuto rendere altrettanto brillante un brano decisamente più interessante che efficace.
È sicuramente con Corelli invece che si gode appieno la maturità di un ensemble, seppur relativamente giovane, e del suo direttore. Ferri aveva già offerto un primo assaggio al pubblico della IUC due anni fa, e in questa occasione si è definitivamente confermato come un interprete di primo rango del maestro di Fusignano.