di Luca Chierici
La Società dei Concerti di Milano ha pensato di rompere il forzato silenzio dovuto alla chiusura delle sale per proporre dei momenti di ascolto dedicati soprattutto ai propri fedelissimi abbonati. Una serie di brevi concerti offerti a un prezzo davvero simbolico e impaginati in maniera piuttosto singolare: l’abbinamento tra l’esecuzione musicale vera e propria e una sorta di tavola rotonda che oltre ai musicisti impegnati di volta in volta coinvolgeva un personaggio non strettamente legato al mondo musicale. Il tutto sotto la guida e la mediazione di Enrica Ciccarelli Mormone, Presidente della Società. Non vogliamo entrare nel merito della efficacia o meno di questi incontri, che a nostro avviso si fondano sull’equivoco secondo il quale la musica in sé non sia sufficiente a convogliare un messaggio che in parte è astratto ma che molto ha a che fare con la realtà quotidiana e con quell’insieme di affetti che l’ascoltatore conscio è capace di interpretare attraverso il flusso delle note. Tentare un avvicinamento tra mondi diversi, ossia come in questo caso proporre una discussione in base ai legami che esisterebbero tra ambienti che poco o nulla hanno a che fare con quello concertistico-musicale non è nelle nostre corde, il che non toglie nulla alla proposta qui in esame e al format utilizzato.
Ad ogni modo si sono ascoltati programmi e solisti che già apprezzavamo da tanti anni e che hanno confermato un ruolo di presenza continua e assidua nel mondo del concertismo. Particolarmente interessanti ci sono sembrati gli interventi di alcuni protagonisti che nel frattempo hanno mostrato una evoluzione non indifferente del proprio ruolo o confermato un importante percorso di approfondimento. Partendo cronologicamente in maniera inversa rispetto all’ordine di apparizione delle esibizioni registrate su una piattaforma unica, abbiamo ascoltato Francesco Libetta nell’insolito ruolo di ex-virtuoso approdato oggi a un repertorio più classico dove il lato meccanico lascia il posto a un approfondimento dei contenuti. Non che la Wanderer Fantasie di Schubert si possa classificare a tutti gli effetti una pagina non virtuosistica, anzi, perché per il virtuoso Carl von Bocklet era stata pensata. Ma si trattava di un virtuosismo legato ai pianoforti dell’epoca, che avevano una meccanica più leggera, nemmeno paragonabile a quella degli strumenti moderni da concerto. Certe richieste digitali presenti nella Wanderer sono state traslate sul pianoforte moderno solamente da pochissimi interpreti, massimamente il Maurizio Pollini degli anni d’oro. Libetta ha insistito invece più sul lato cantabile di certi temi, sull’agilità leggera di certi passaggi, rileggendo da par suo questo testo emblematico di tutto il pianismo di quegli anni.
Su tutt’altro versante abbiamo apprezzato il coraggio con il quale i membri del Quartetto Adorno hanno affrontato la Grande Fuga op. 133 di Beethoven. È una composizione di proverbiale difficoltà di lettura (e comprensione da parte del pubblico) che può essere affrontata appunto con un coraggio e un impeto eccezionali, ovviamente sostenuti da una preparazione capillare e una analisi di tutti i particolari più nascosti della partitura. Penso di non mettere in imbarazzo i quattro componenti dell’Adorno nel notare come la loro esecuzione mi abbia riportato alla memoria quelle leggendarie che il Quartetto Italiano proponeva in pubblico fino alla fine degli anni ’70.
Centrato su una singola nota, il do#, Gloria Campaner ha presentato un programma che girava attorno a composizioni sufficientemente note concepite in base a quella tonalità. Si iniziava con il Preludio op. 45 di Chopin, proseguendo con Rachmaninov e il “Chiaro di luna” ma è forse in Vers la flamme di Skrjabin che la Campaner ha convinto pienamente l’ascoltatore impiegando quel mix di affetti, di mistero, di follia che sono necessari per entrare in sintonia con questa composizione che in un certo senso rappresenta un unicum nella letteratura pianistica.
Gli altri appuntamenti sono ancora disponibili sulla piattaforma del sito della Società dei Concerti. Si tratta di un recital del pianista Roberto Prosseda dedicato ai Kleine Klavierstücke, uno del soprano Ivanna Speranza accompagnata da Enrica Ciccarelli avente come tema le Romanze da camera. Si prosegue con un concerto di sei giovani “Artisti in residenza” della Società, un recital del pianista Emanuele Arciuli intitolato American dream e infine uno del “Quartetto 0” impaginato come omaggio a Ezio Bosso.