di Monika Prusak
Grande entusiasmo per il concerto “a programma” proposto dal Teatro Massimo e dal suo direttore musicale Omer Meir Wellber quale prima performance autunnale, svolto finalmente sopra il palcoscenico e non più negli spazi alternativi dettati dall’emergenza Covid-19. L’emergenza non si è ancora conclusa, ma i teatri di tutta l’Italia (e di tutto il mondo) ritornano alle consuete attività liriche e concertistiche.
Il programma pensato da Wellber ha visto tre grandi composizioni in un accostamento insolito, in ordine di esecuzione: il Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 in Mi bemolle maggiore op. 73 Imperatore di Beethoven, la Sinfonia n. 1 Jeremiah di Bernstein e il Vorspiel und Liebestod da Tristan und Isolde di Wagner. È stato lo stesso direttore a spiegare il nesso tra le tre composizioni, partendo dalla Sinfonia di Bernstein composta nel 1942 che, considerato il suo carattere dinamico fitto di armonie strazianti, con grande probabilità (anche se Bernstein non lo ha mai affermato) rifletteva i sentimenti legati alle stragi dell’Olocausto che il giovane compositore seguiva dagli Stati Uniti. La Sinfonia “Jeremiah” nasceva a tratti, partendo dall’ultimo movimento, Lamentation, scritto nel 1939, affidata nella sua versione finale alla voce di mezzosoprano. Non sembra casuale, ha detto Wellber rivolgendosi alla platea, che Bernstein abbia composto una sinfonia sulle profezie della distruzione di Gerusalemme da parte del profeta Geremia. La visione della distruzione di un simbolo importante quale il tempio diventa la metafora dell’annientamento di un’intera comunità di fedeli. Nella composizione di Wagner Wellber vede, invece, una sorta di nuovo mondo, soprattutto per quel che riguarda il nuovo approccio del compositore tedesco all’armonia. Il Concerto per pianoforte n. 5 di Beethoven aggiunge una nota sull’Imperatore. La metafora si sposta quindi al personaggio del comandante, anche se in questo caso la musica del tardo Classicismo non riesce a dare l’immagine che ci saremmo aspettati, dipingendo il “capo” in maniera quasi romantica e delicata.
La serata è iniziata proprio con il Quinto concerto per pianoforte e orchestra, considerato l’incoronamento compositivo di Beethoven nel campo del concerto solistico, che ha incantato l’intera platea grazie alla performance del pianista polacco Piotr Anderszewski. Anderszewski rapisce con il suono cristallino e brillante e un’eccellente chiarezza nell’interpretazione, nei contrasti dinamici e nel fraseggio. Tuttavia, il brano non inizia in maniera perfetta, presentando qualche imprecisione nell’insieme, e rimanendo, inoltre, in un range dinamico troppo basso e troppo omogeneo per tutta la durata dell’esecuzione. Anderszewski cambia il timbro in base al momento, nel suo suonare echeggiano le sonorità di Haydn e Mozart, che in Beethoven cercano un’espressione più profonda e articolata. Il pianista polacco non ha paura dei trilli che vengono da lui tinti di diverse sfumature. Applaudito a lungo, Anderszewski ha offerto al pubblico palermitano un bis solo, il Preludio numero dodici tratto dal II libro del Das Wohltemperierte Klavier di J. S. Bach eseguito con classe ed eleganza.
Il passaggio da Beethoven a Bernstein è ‘brusco’ per via dell’organico più imponente del secondo, tuttavia l’accostamento funziona: dopo la delicatezza dei trilli beethoveniani lo spettatore è letteralmente travolto dall’impeto e dalla complessità della musica del compositore americano, straziante nella sua dinamicità dissonante. Wellber propone una direzione partecipata, portando l’orchestra alle dinamiche estreme con un suono pastoso in un eccellente legato. La Lamentation del mezzosoprano di origine russa Zlata Khershberg è profonda e suggestiva. La sua voce calda e suadente non teme le dinamiche proposte dal direttore: lo spettatore rimane attento e immobile fino alla conclusione, in pianissimo, con un quartetto d’archi dall’effetto catartico. Con la terza composizione, Vorspiel und Liebestod da Tristan und Isolde di Wagner, Wellmer porta il concerto in una dimensione inaspettata, come se dopo un grande scompiglio la Terra si riempisse di un amore sconfinato. I caratteristici accordi di Tristano perdono tensione, lasciando spazio a un sospiro amoroso. Il dolore è sostituito da una melodia delicata e infinita, che porta con sé la speranza di qualcosa di positivo. Il “programma” di Wellber acquista una dimensione nuova puramente musicale, che va oltre i singoli compositori con il loro stile e ideologia. Dalla delicatezza classica di Beethoven alla tempesta di Bernstein sino alla “nuova” armonia di Wagner: la musica trascende i suoi autori e si mostra nella sua sonora purezza.